Il recesso di un socio dalla farmacia e la liquidazione della quota
Il recesso permette ad un socio di fuoruscire dalla società al verificarsi di alcune condizioni, previste dalla legge o dallo statuto, ottenendo la liquidazione del valore della quota detenuta nella società. In ambito farmaceutico, l’esigenza per un socio di farmacia di recedere dalla società ricorre in molte situazioni. Esaminiamo la disciplina del recesso del socio da una società (di persone o di capitali), la procedura e i criteri di liquidazione della quota.
1. Società in farmacia e recesso del socio
Il recesso di un socio dalla società è un tema classico del diritto societario ed è molto rilevante anche per le farmacie gestite in forma societaria. In linea generale, il recesso costituisce una sorta di contrappeso al principio maggioritario che governa il funzionamento delle società, permettendo ad un socio di fuoruscire dalla società al verificarsi di alcune condizioni, previste dalla legge o dallo statuto, ottenendo la liquidazione del valore della sua quota nella società al momento del recesso.
In ambito farmaceutico, l’esigenza per un socio di farmacia di recedere dalla società si può porre in una varietà di situazioni, alcune comuni a tutte le società (come, per esempio, il mutato assetto di rapporti con gli altri soci), altre peculiari delle farmacie.
Tra questi ultimi, frequente è il caso del socio di farmacia che, dopo avere vinto il concorso straordinario del 2011 e avere optato per l’apertura della farmacia tramite una società, con conseguente obbligo di gestire su base paritetica la società per almeno un triennio dall’ottenimento dell’autorizzazione, intenda fuoriuscire dalla compagine sociale in conseguenza del mutato assetto di interessi nel frattempo intervenuto (ad esempio per la lontananza dalla sede abituale di vita quotidiana rispetto alla sede aperta a seguito del concorso).
Pertanto, è opportuno analizzare in sintesi cosa è il recesso di un socio dalla società, in quali casi opera e quali ne sono le conseguenze, a seconda della tipologia di società prescelta per l’esercizio della farmacia.
2. Cosa è il recesso dalla società e come si esercita
Il recesso è l’atto con il quale un socio ottiene lo scioglimento del vincolo sociale, cioè la fuoriuscita dalla società con cessazione della propria qualità di socio. Il recesso assolve due funzioni fondamentali:
- la prima, di carattere giuridico, consiste nella possibilità del socio di far valere i propri interessi, garantendogli uno spazio di libertà e di dissenso nei confronti della maggioranza, attraverso l’esercizio di un diritto di exit;
- la seconda, di carattere economico, è quella di attenuare i vincoli futuri del socio risparmiatore, agevolando il disinvestimento effettuato al momento dell’ingresso in società.
A differenza di altre forme di uscita del socio dalla società (come la cessione della quota o l’accordo di tutti i soci), il recesso è un atto di volontà unilaterale, in quanto attraverso di esso il socio fuoriesce dalla società (perdendo, quindi, la propria qualità di socio) attraverso una sua comunicazione unilaterale.
Il recesso da una società ha natura eccezionale e come tale è esercitabile solo per alcune precise motivazioni previste dalla legge, che variano a seconda del tipo di società, e dallo statuto.
La cessazione dello stato di socio fa venir meno tutti i diritti sociali (partecipazione alle decisioni, voto, impugnativa ecc.), ma attribuisce al recedente il conseguente diritto di credito al rimborso del valore della partecipazione.
Una volta esercitato il recesso, il soggetto perde la sua qualità di socio, con effetto in momenti diversi a seconda della motivazione del recesso, della tipologia di società e dei soggetti nei cui confronti viene comunicato (società, soci, terzi).
Nelle società di persone (Snc, Sas, società semplici), il recesso deve essere comunicato a tutti i soci personalmente e ha effetto nei confronti degli altri soci dal momento in cui essi ne hanno conoscenza.
Nei confronti dei terzi, invece, il recesso del socio non è opponibile finché non ne sia stata data adeguata pubblicità. Fino a tale momento, il socio risponde delle obbligazioni contratte dalla società, anche dopo avere esercitato il recesso. In particolare:
- per le società semplici è sufficiente che il recesso sia posto a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (per esempio, una semplice comunicazione scritta);
- per le Sas e le Snc è richiesta l’iscrizione presso il registro delle imprese, da eseguirsi entro 30 giorni dalla comunicazione del recesso agli altri soci. L’onere di richiedere l’iscrizione del recesso presso il registro delle imprese spetta agli amministratori e non al socio uscente; tuttavia, quest’ultimo può sostituirsi all’amministratore che non agisca in modo tempestivo.
Il recesso non può essere successivamente revocato dal socio, a meno che ciò non sia previsto nell’atto costitutivo o vi sia la volontà unanime di tutti i soci.
Nelle società di capitali (in particolare nelle Srl), il recesso è efficace dopo 180 giorni dalla comunicazione alla società, senza che necessiti alcuna accettazione da parte della società stessa.
Prima della scadenza di tale termine, i soci possono prevenire l’operatività del recesso:
- decidendo di sciogliere la società;
- escludendo il socio, ma solo a condizione che sussista una giusta causa.
Il recesso deve essere comunicato dal socio entro quindici giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima. In tal caso, la società può rendere inefficace il recesso del socio, deliberando la revoca della delibera che aveva legittimato il recesso entro il termine di 90 giorni. Se, invece, il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio.
3. Il recesso da una società di persone
Nelle società di persone (società semplici, Snc, Sas) il recesso rappresenta lo strumento principale che consente al socio di uscire dalla società senza che vi sia necessità di trovare un socio o un terzo disposti a rilevare la quota.
Infatti, la cessione della quota a un terzo nelle società personali (ancor più che nelle società di capitali) è alquanto problematica. Tali società si fondano sul rapporto fiduciario esistente tra i soci, i quali decidono di realizzare i propri obiettivi con soggetti accomunati dagli stessi interessi, scelti per le proprie qualità personali, professionali e anche caratteriali. La fuoriuscita di un socio da tali società tramite cessione della quota a terzi comporta, quindi, oltre a una difficoltà iniziale nel trovare un soggetto che accetti di entrare in società e assumerne i rischi, una ulteriore difficoltà consistente nell’accettazione del nuovo socio da parte di quelli rimasti a far parte della società.
Peraltro, il recesso di un socio è un evento di particolare rilievo nelle società di persone. In particolare, qualora il socio recedente sia una figura preminente nella società, la sua uscita potrebbe determinare, oltre all’obbligo di liquidazione della quota, un forte ridimensionamento del volume d’affari della società o addirittura lo scioglimento della stessa, allorquando non sia possibile proseguire l’attività sociale in sua assenza.
In caso di recesso del socio, la società è tenuta innanzitutto a liquidare la sua quota (vedi par 5), con tutto ciò che questo comporta in termini di fuoriuscite finanziarie e di perdita di liquidità della società stessa.
In secondo luogo, si pone il problema di sostituire il socio receduto, il che può essere molto complicato, per esempio, nel caso di società composta da due soli soci, venendo in tal caso meno il presupposto stesso della permanenza in vita della società, rappresentato dalla pluralità dei partecipanti. Tale problema deve essere risolto in tempi brevi, in quanto, ai sensi dell’art. 2272 c.c., per evitare lo scioglimento della società la pluralità dei soci deve essere ricostituita entro i sei mesi successivi al momento in cui la stessa è venuta a mancare.
Anche in presenza di più di due soci, in caso di recesso dell’amministratore unico, lo scioglimento della società, ancorché non previsto legislativamente, è una conseguenza inevitabile della paralisi causata dal venir meno dell’organo gestorio il quale, pertanto, dovrà essere immediatamente sostituito. La stessa conseguenza si verifica qualora in una Sas vengano a mancare tutti i soci accomandatari anche se, in tal caso, il Codice civile impone la nomina di un amministratore provvisorio che cesserà dalle sue funzioni non appena vi sia almeno un socio accomandatario in grado di compiere le operazioni di ordinaria e straordinaria amministrazione.
Nelle società di persone, il recesso è disciplinato dall’art. 2285 c.c., che, pur riferendosi specificamente al recesso del socio nella società semplice, si applica anche alle altre società personali in forza del rinvio operato dall’art. 2293, Codice civile. Tale norma prevede alcuni limiti all’esercizio del diritto di recesso da parte del socio, per non pregiudicare gli interessi della società.
Il comma 1 dell’art. 2285 c.c. in particolare, prevede due casi in cui è consentito al socio recedere senza necessità di fornire una motivazione, con il solo obbligo di un congruo preavviso:
- quando la società sia contratta a tempo indeterminato;
- quando la società ha durata pari a tutta la vita di uno dei soci.
Il comma 2 dell’art. 2285 c.c. prevede due ulteriori cause di recesso, che implicano una particolare motivazione, ma che non sono sottoposte a preavviso:
- il recesso con giusta causa;
- il recesso per cause previste nell’atto costitutivo.
Per quanto riguarda il recesso per giusta causa, la giurisprudenza identifica la giusta causa nella legittima reazione a un comportamento scorretto di altri soci, tale da rendere obiettivamente difficile la prosecuzione del rapporto e da incrinare la fiducia del socio. Quindi, non è sufficiente un semplice disaccordo o un motivo pretestuoso di dissenso, occorrendo che il recesso si colleghi all’altrui violazione di obblighi contrattuali o di doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o di correttezza che incidono sulla natura fiduciaria del rapporto.
Per esempio, sono state ritenute giusta causa di recesso le seguenti ipotesi:
- mancata comunicazione, da parte dei soci amministratori, del bilancio d’esercizio e del rendiconto, così come previsto dall’art. 2320, comma 3, Codice civile;
- mancata o irregolare tenuta della contabilità civilistica e fiscale da parte degli amministratori;
- non diligente gestione della società da parte degli amministratori;
- impedimenti al socio nella consultazione dei documenti amministrativi e contabili o mancata o insufficiente informativa sullo svolgimento degli affari sociali per i soci non amministratori;
- furto di beni sociali commessi da uno o più soci;
- scarso impegno nell’esecuzione della prestazione lavorativa dei soci.
Al di fuori di tali casi, un socio può recedere da una società solo con il consenso degli altri soci.
4. Il recedere da una società di capitali
Un socio di Srl o Spa non può recedere dalla società se non per una delle cause previste dalla legge o dall’atto costitutivo.
Nelle Spa, l’art. 2473 comma 1 c.c. prevede le seguenti cause legali e ineliminabili di recesso:
- modifica dell’oggetto sociale, se essa comporti un cambiamento significativo dell’attività e dell’oggetto della società;
- trasformazione della società;
- revoca dello stato di liquidazione, l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dallo statuto, mutamento dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso, modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione;
- società costituita a tempo indeterminato (possibilità che si estende, per analogia, alle società contratte per un lunghissimo lasso di tempo, tale da superare la normale durata della vita umana);
- società soggette a direzione e coordinamento;
- introduzione o eliminazione di una clausola compromissoria.
L’art. 2347 comma 2 c.c. prevede inoltre che, qualora lo statuto non disponga diversamente, spetta al socio di Spa il diritto di recesso in caso di proroga del termine di durata e di introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Infine, lo statuto della Spa può prevedere ulteriori ipotesi di recesso del socio rispetto a quelle previste dalla legge.
Per le Srl sono previste, oltre alle cause stabilite per le Spa, le seguenti ulteriori cause legali di recesso:
- compimento di operazioni che comportino sostanziali modificazioni dell’oggetto della società così come indicato nell’atto costitutivo;
- compimento di operazioni che comportano sostanziali modificazioni dei particolari diritti attribuiti ai soci in merito all’amministrazione della società e la distribuzione degli utili;
- cambiamento dell’oggetto sociale;
- fusione o scissione della società;
- qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti o ponga condizioni o limiti che, nel caso concreto, impediscono il trasferimento a causa di morte;
- soci esclusi dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale tramite offerta di quote di nuova emissione a terzi.
Anche nelle Srl, inoltre, lo statuto può prevedere ulteriori ipotesi di recesso per il socio. In particolare, lo statuto può ampliare i casi in cui il recesso è collegato al dissenso dei soci di minoranza o prevedere il recesso in dipendenza di eventi che non hanno a che fare con l’adozione di deliberazioni da parte dei soci, come per esempio in caso di performance economiche negative della società, di mancato rinnovo di contratti sociali, di mancato rilascio o revoca di autorizzazioni amministrative per lo svolgimento di determinate attività, di alienazione o l’acquisto di determinate attività.
Infine, possono essere previste nello statuto della Srl anche ipotesi di recesso per giusta causa, quali il dissidio insanabile insorto fra i soci, la trascuratezza, l’incapacità o la condotta immorale degli amministratori o dei soci o il verificarsi di situazioni che portino a escludere la possibilità di una proficua prosecuzione dell’attività sociale, come l’uscita dalla compagine sociale di determinati soci con perdita in misura notevole dei conferimenti.
5. La liquidazione della quota del socio receduto
Il socio che ha esercitato il diritto di recesso ha diritto alla liquidazione della propria quota da parte della società, ovvero a una somma di denaro che rappresenti il valore della quota. Invece, non sono ammesse restituzioni in natura, per evitare che il socio recedente possa pretendere la dismissione di beni aziendali necessari all’attività sociale, minando l’integrità del patrimonio comune.
La liquidazione della quota del socio receduto segue regole simili per le società di persone e per quelle di capitale.
Il valore della quota del socio che ha esercitato il recesso deve essere determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso. Quindi, la quota del socio che ha esercitato il recesso deve essere liquidata in base al valore economico effettivo della quota stessa, al momento del recesso.
In sede di liquidazione deve tenersi conto della situazione patrimoniale della società aggiornata al momento del recesso. A tal fine, la giurisprudenza ritiene necessario un bilancio straordinario della società, redatto tenendo conto del valore di funzionamento dell’azienda sociale.
Il valore di mercato deve essere calcolato in relazione alla quota oggetto di recesso, non ai singoli beni che costituiscono il patrimonio sociale. Quindi, il valore di mercato potrebbe risultare superiore o inferiore al patrimonio sociale. La prima ipotesi si verificherà quando emergano beni immateriali non contabilizzati a bilancio, ovvero in presenza di un avviamento. La seconda ipotesi si verificherà, per esempio, quando un’impresa sia in perdita o il bilancio contenga significative minusvalenze non contabilizzate.
Di conseguenza, la valutazione della quota segue regole in parte diverse da quelle impiegate per la valutazione del patrimonio netto sociale, previste dalla legge per la formulazione del bilancio di esercizio.
Così, per esempio, l’avviamento, a meno che non sia un importo originato dal pagamento a terzi per l’acquisto di un’azienda, non viene espresso nel bilancio di esercizio e, quindi, non trova espressione nel patrimonio societario, mentre è considerato in sede di determinazione del valore della quota. Ugualmente accade qualora siano presenti elementi immateriali, ma non contabilizzati a bilancio, quali brevetti o marchi.
All’inverso, qualora siano presenti minusvalenze non contabilizzate (valori di magazzino gonfiati, crediti inesigibili non svalutati, fondi rischi non evidenziati, perdite permanenti di valore sugli immobilizzi ecc.), il valore della quota sarà proporzionalmente minore rispetto alla quota di patrimonio netto desumibile dal bilancio.
Poiché la legge non indica specifici criteri di valutazione da adottare per la valutazione delle quote sociali, nella prassi vengono adottati diversi criteri, tratti dalla scienza aziendalistica. Il criterio più utilizzato è il modello patrimoniale, semplice o complesso, integrato da modelli reddituali o finanziari (metodo del discounted cash flow), nella misura in cui siano praticabili e/o applicabili. Inoltre, si ritiene che, ai fini del calcolo del valore della partecipazione del socio nella società, non si debba tener conto di premi di maggioranza o sconti di minoranza, né di eventuali diritti particolari del socio.
La liquidazione comprende anche la partecipazione al risultato economico delle operazioni in corso alla data del recesso. Quindi, concorrono alla valorizzazione della quota del socio receduto le sopravvenienze attive e passive che trovano la loro fonte in situazioni già esistenti alla data del recesso, quali, per esempio, le somme versate dalla società in base a condono fiscale attinente a violazioni commesse precedentemente al recesso, anche se richiesto in epoca successiva.
La partecipazione agli utili e alle perdite conseguenti alle operazioni in corso dovrà avvenire nella stessa misura in cui il socio receduto partecipava ai risultati economici dell’attività sociale quando era ancora parte della compagine societaria.
Per le società di persone, la somma liquidata quale controvalore della quota dev’essere versata al receduto entro sei mesi dalla data di efficacia del recesso (art. 2289 comma 4 c.c.).
Nel tempo intercorrente tra il valido esercizio del diritto di recesso e la liquidazione della quota, il socio recedente resta titolare dei diritti sociali non incompatibili con la dichiarazione di recesso e per l’esercizio dei quali vanti un concreto interesse ad agire,
Tuttavia, è possibile che l’atto costitutivo e lo statuto deroghino a tale disciplina, prevedendo, per esempio, che la liquidazione della quota avvenga solo sulla base dell’ultimo bilancio approvato, ovvero che la determinazione del valore della quota sia rimessa a un terzo in veste di arbitratore o, infine, una liquidazione forfettaria degli utili o delle perdite risultanti dalle operazioni in corso.
Qualora, nel termine di sei mesi entro il quale si deve procedere alla liquidazione della quota, gli effetti delle operazioni in corso non si siano ancora esauriti, dovrà darsi luogo a una cosiddetta liquidazione provvisoria, provvedendo ai relativi conguagli allorché le stesse transazioni si siano concluse.
Per quanto riguarda la Srl, ai sensi dell’art. 2473 c.c., il rimborso della quota al socio deve avvenire secondo una ben determinata procedura, che si articola in steps successivi.
In primo luogo, la quota deve essere liquidata al socio receduto mediante acquisto, da parte dei soci, proporzionalmente alle loro partecipazioni. A differenza di quanto previsto per le Spa, per le Srl non è contemplato il diritto di opzione a favore dei soci restanti. Di conseguenza, non è prevista neppure la facoltà di riservarsi il diritto di prelazione sull’intera partecipazione non optata da un terzo concordemente individuato dai soci medesimi.
Qualora l’acquisto da parte dei soci non avvenga, il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili. Poiché la Srl non può detenere partecipazioni proprie, la stessa non può acquistare le quote del recedente e, pertanto, a seguito del rimborso operato tramite l’utilizzo delle riserve, i soci restanti vedranno corrispondentemente aumentare la rispettiva misura della partecipazione.
In mancanza di riserve disponibili, deve essere corrispondentemente ridotto il capitale sociale. Ai sensi dell’art. 2482 c.c., la riduzione del capitale può avvenire sia mediante il rimborso delle quote ai soci sia mediante liberazione di questi ultimi dall’obbligo di effettuare i versamenti ancora dovuti, con il solo divieto di riduzioni che scendano al di sotto del minimo legale di diecimila euro.
Infine, qualora non sia possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto secondo le modalità di cui sopra, la società deve essere sciolta o posta in liquidazione.
Il rimborso della partecipazione per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere eseguito entro 180 giorni dalla comunicazione del medesimo alla società. Tuttavia, non è infrequente il caso in cui questo termine venga superato, considerato anche che non vi sono sanzioni o effetti conseguenti al suo superamento. Spesso, infatti, sul valore delle quote nascono dispute che si protraggono nel tempo e che danno luogo a un contenzioso.
Sulla valutazione della quota del socio che ha esercitato il recesso si riscontra un notevole contenzioso, derivante dalla presenza di due interessi contrapposti, da una parte, il diritto del socio a ottenere una somma corrispondente al valore reale della propria quota, dall’altra, l’interesse della società a conservare un patrimonio sufficiente alla prosecuzione dell’attività sociale. D’altra parte, la valutazione effettuata dagli amministratori della società rischia di non essere sempre equa e imparziale, in quanto la società è parte interessata al processo valutativo.
In assenza di una clausola compromissoria nello statuto della società che regolamenti la materia, qualora, come spesso accade, vi sia divergenza sul valore della quota, la valutazione della società e quella del socio, si aprirà un contenzioso presso il Tribunale sulla determinazione del valore delle quote.
In tal caso, ai sensi dell’art 2473 comma 3 c.c., in caso di disaccordo sul valore, la sua determinazione viene effettuata tramite relazione giurata di un esperto nominato dal Tribunale, il quale, peraltro, dovrà effettuare tale valutazione prendendo come riferimento la data in cui è stato esercitato il recesso (distante nel tempo da quella in cui il perito effettua la valutazione stessa).
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.