Farmacie S.r.l.: gli obblighi e le responsabilità degli amministratori
L’adozione della forma societaria della S.r.l., sempre più diffusamente prevista per la gestione di una farmacia, impone la trattazione di tematiche attinenti il diritto societario, divenute ormai di attualità per i farmacisti che svolgono la loro attività utilizzando tale modello societario. All’interno di tali tematiche, riveste particolare interesse l’analisi degli obblighi e delle responsabilità degli amministratori di una S.r.l.; tema di forte interesse sotto diversi profili, non ultimo quello delle incompatibilità che i farmacisti, i quali siano dipendenti pubblici o privati o lavoratori autonomi, incontrano qualora siano appunto coinvolti nella gestione di società titolari di farmacia.
1. I doveri degli amministratori di una S.r.l. e la loro responsabilità
Ai sensi dell’art. 2476, comma 1°, c.c. gli amministratori di una S.r.l. sono tenuti a osservare i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Nell’adempimento di tali doveri essi devono operare con la diligenza richiesta per l’adempimento di obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale (art. 1176 c.c.), cioè con il grado di diligenza determinato dall’incarico e delle loro specifiche competenze.
Gli amministratori sono tenuti ad osservare le disposizioni di legge, nonché quei doveri, aggiuntivi rispetto alla legge, che sono stabiliti nell’atto costitutivo.
Il dovere fondamentale dell’amministratore è quello di gestire la società, ovvero di svolgere l’attività d’impresa per la quale la società è stata costituita: quindi l’attività farmaceutica, nel caso delle farmacie.
Qualora gli amministratori non osservino i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società, essi sono solidalmente responsabili verso la società stessa, per i danni della stessa subìti. Tuttavia, la responsabilità non si estende agli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a conoscenza che l’atto dannoso si stava per compiere, abbiano fatto constatare il proprio dissenso.
La responsabilità dell’amministratore di S.r.l. si fonda dunque su tre elementi:
- l’inosservanza di un dovere, cioè un atto o un’omissione in violazione di un obbligo imposto dalla legge o dall’atto costitutivo;
- il verificarsi di un danno in capo alla società;
- il nesso di causalità fra il comportamento dell’amministratore e le conseguenze dannose per la società.
La responsabilità dell’amministratore di Srl- a differenza di quella dei soci- è illimitata: l’amministratore risponde infatti dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, secondo la regola stabilita dall’art. 2740 comma 1 c.c..
Come principio generale, gli atti gestori degli amministratori sono insindacabili (c.d. business judgement rule). L’amministratore di una società non può infatti esser chiamato a rispondere per aver posto in essere scelte imprenditoriali che si siano poi rivelate inopportune dal punto di vista economico, dato che la valutazione preventiva sulla opportunità della scelta attiene alla discrezionalità imprenditoriale.
La discrezionalità dell’amministratore con riferimento alle scolte di gestione della società trova tuttavia un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi secondo i parametri della diligenza professionale richiesta all’amministratore stesso.
In questo senso, l’art.2381, comma 6°, c.c. – norma dettata per le S.p.a., che si ritiene pacificamente applicabile anche alla S.r.l. – prevede che gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato.
Affinché possa escludersi la responsabilità degli amministratori di S.r.l. per il compimento di attività gestorie è pertanto necessario che gli stessi si informino adeguatamente prima di compiere una determinata operazione e che effettuino appropriare valutazioni circa vantaggi e svantaggi derivanti dalle operazioni che hanno in progetto di compiere.
All’amministratore di S.r.l. non è infatti vietato effettuare operazioni rischiose, a condizione che vi sia consapevolezza del rischio e un ragionevole controllo dello stesso. Ciò significa che l’amministratore deve identificare, prima del compimento delle operazioni, le possibili conseguenze negative e identificare possibili alternative meno rischiose. Effettuata la scelta, l’amministratore deve poi porre essere gli accorgimenti idonei a ridurre il rischio.
Ad esempio, se l’amministratore di una S.r.l. titolare di farmacia ha intenzione di concludere un determinato contratto di acquisto di beni o macchinari, di rilevante dimensione economica, egli, per operare in modo “diligente”, dovrà assumere le opportune informazioni sull’acquirente (in particolare sulla sua solvibilità) e/o chiedere una forma di garanzia per il pagamento del prezzo.
2. I diversi modelli di amministrazione della S.r.l. e la responsabilità
Ai sensi dell’art. 2475 c.c., possono esservi diversi modelli di amministrazione della S.r.l., in base a quanto i soci hanno previsto nell’atto costitutivo. Il modello di amministrazione prescelto dai soci influenza il regime di responsabilità degli amministratori.
Quando sono previsti sistemi di decisione degli amministratori all’unanimità, in base ai quali le decisioni richiedono il consenso di tutti gli amministratori, non si pongono problemi di responsabilità dei singoli amministratori; la decisione deve essere presa da tutti gli amministratori e tutti ne rispondono, senza che alcuno di essi possa esprimere dissenso.
Diverso è il caso dei modelli di amministrazione in cui le decisioni possono essere prese da singoli amministratori, oppure da una pluralità di amministratori, ma comunque non da tutti insieme e dunque al di fuori dal meccanismo della unanimità dei consensi.
Nell’amministrazione disgiuntiva, in cui ciascun amministratore decide da solo per la società, risponde esclusivamente l’amministratore che ha preso la decisione. Una responsabilità degli altri amministratori potrebbe tuttavia sussistere in caso di omessa opposizione a fronte di un’operazione pregiudizievole. L’art. 2257, comma 2°, c.c., stabilisce infatti che se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta.
Ipotizziamo che in una S.r.l. titolare di farmacia con tre amministratori, che abbia adottato un modello di amministrazione disgiuntiva, l’amministratore Tizio abbia intenzione di acquistare un nuovo immobile per l’esercizio della farmacia ad un prezzo più elevato del suo valore reale (danneggiando quindi la società). Se gli altri due amministratori, Caio e Sempronio, non si oppongono, essi risponderanno in via solidale con Tizio per il danno arrecato alla società. Qualora invece Caio e Sempronio si oppongano, la decisione verrà rimessa alla maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili. A questo punto, se i soci vietano l’operazione, non si potrà evidentemente realizzare alcun danno; se invece essi autorizzano l’operazione proposta da Tizio, nonostante l’opposizione di Caio e Sempronio, questi ultimi andranno comunque esenti da responsabilità.
Nel caso poi di amministrazione congiuntiva a maggioranza, in cui la decisione viene assunta dalla maggioranza degli amministratori, per andare esente da responsabilità l’amministratore interpellato in ordine a una certa decisione deve, se non d’accordo, far constatare il proprio dissenso.
Infine, nel caso di consiglio di amministrazione, dove le decisioni vengono prese secondo il modello collegiale, l’amministratore dissenziente deve fare risultare il proprio dissenso per andare esente da responsabilità.
Qualora all’interno del consiglio di amministrazione della S.r.l. certe competenze siano state delegate ad alcuni amministratori, rispondono in linea di principio solo gli amministratori delegati per le decisioni assunte nel proprio ambito di competenza. Tuttavia, gli amministratori privi di delega hanno l’obbligo di vigilare sull’operato dei delegati, essendo loro richiesto di informarsi ed essere informati degli affari sociali e di trarne le necessarie conseguenze.
Il dovere di controllo dei deleganti consiste nell’obbligo di informazione attiva e passiva, nonché di conseguente attivazione (c.d. dovere di agire informato). L’obbligo di agire informato dell’amministratore delegante ha quindi un duplice contenuto:
- l’obbligo di agire, cioè di attivarsi esercitando tutti i poteri connessi alla carica al fine di prevenire, di eliminare o di attenuare le situazioni di criticità di cui l’amministratore sia o debba essere a conoscenza;
- l’obbligo di informarsi affinché la scelta di agire o non agire sia fondata sulla conoscenza della situazione aziendale che l’amministratore possa procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica.
Ne consegue che l’amministratore non esecutivo è solidalmente responsabile, ai sensi dell’art. 2392, comma 2°, c.c. se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non ha fatto quanto poteva per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
3. L’obbligo di istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili
Ai sensi dell’art. 2086 secondo comma e 2475 c.c., così come modificato dal D.lgs. n. 14/2019, gli amministratori hanno l’obbligo di curare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società.
Poiché la gestione societaria spetta agli amministratori, è dovere dei medesimi istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società che sia idoneo a consentire il tempestivo rilevamento di una eventuale situazione di crisi dell’impresa e di perdita della continuità aziendale e- qualora l’azienda sia già in uno stato di crisi- i medesimi amministratori debbono anche attivarsi ricorrendo agli strumenti previsti dall’ordinamento per il recupero della continuità aziendale.
La funzione organizzativa rientra pur sempre nel più vasto ambito della gestione sociale e deve necessariamente essere esercitata discrezionalmente dagli amministratori; in questo senso, la predisposizione di un assetto organizzativo costituisce l’oggetto di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene realizzata.
Tuttavia, le scelte di gestione degli amministratori possono essere sindacabili sia in ordine alle modalità con cui sono state assunte, sia in ordine alla loro razionalità. È possibile, quindi, configurare una responsabilità degli amministratori per avere adottato degli assetti organizzativi inadeguati, qualora, essendosi poi verificata l’insolvenza senza la tempestiva adozione di misure previste per il superamento della crisi, non sia stata attuata un’adeguata istruttoria, ovvero si siano adottati assetti non coerenti, anzi irragionevoli, rispetto agli esiti dell’istruttoria stessa.
Qualora gli amministratori delle S.r.l. non abbiano ottemperato ai doveri previsti dall’art. 2086 c.c., essi rispondono nei confronti dei creditori sociali qualora ciò si ripercuota sulla conservazione del patrimonio sociale.
Infatti, se è dovere specifico degli amministratori quello di conservare il patrimonio sociale, l’osservanza di un tale dovere viene garantita prevedendo la responsabilità dell’amministratore verso i creditori sociali, allorquando il patrimonio sia divenuto insufficiente al soddisfacimento di questi ultimi.
4. La responsabilità dei soci in concorso con gli amministratori
Ai sensi dell’art. 2475, 1º co., c.c., nella S.r.l., in assenza di previsioni diverse dello statuto, vi è coincidenza fra soci e amministratori: solo i titolari di una partecipazione sociale possono diventare amministratori della società. L’atto costitutivo può tuttavia disporre diversamente, consentendo che anche un non socio assuma la funzione di amministratore esterno di S.r.l. Nella prassi, quest’ultima ipotesi si verifica frequentemente, quando la compagine sociale è numerosa, oppure per superare eventuali situazioni incompatibilità dei soci farmacisti.
Anche i soci non amministratori di S.r.l. possono comunque avere competenze gestorie abbastanza penetranti, dato che in questa tipologia di società, a differenza della S.p.a., la separazione tra titolarità delle partecipazioni e gestione dell’impresa non è molto netta.
L’art. 2476, comma 7°, c.c. stabilisce che sono responsabili in solido con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società.
La norma pone quindi un limite al principio della responsabilità limitata dei soci di S.r.l., stabilendo che, qualora i soci si ingeriscano, anche solo occasionalmente, nella gestione della società, essi possono essere ritenuti responsabili – qualora da ciò scaturisca un danno per la società– al di là di quanto conferito in società, cioè illimitatamente.
Affinché sorga la responsabilità concorrente dei soci occorre:
- un comportamento degli amministratori;
- un danno alla società (oppure ai soci o ai terzi);
- il nesso di causalità fra il comportamento degli amministratori e il danno;
- una decisione o autorizzazione dei soci al compimento degli atti;
- la corrispondenza fra quanto deciso o autorizzato dai soci e quanto compiuto dagli amministratori;
- l’intenzione dei soci di arrecare danno.
Qualora i soci abbiano deciso o autorizzato una decisione, cui faccia seguito una fase attuativa posta in essere dagli amministratori, occorre distinguere:
- se nell’attuare la volontà dei soci gli amministratori non godono di discrezionalità, ed hanno compiti meramente attuativi, la decisione autorizzativa dei soci li dispensa da responsabilità;
- se invece la deliberazione dei soci comporta il dovere in capo agli amministratori di realizzare misure di attuazione, o comunque se gli amministratori godono di una certa discrezionalità, gli stessi, se cagionano un danno, sono responsabili.
Peraltro, anche qualora l’amministratore si limiti ad attuare la volontà dei soci, lo stesso, al fine di evitare di essere chiamato a risarcire il danno, ha il diritto/dovere di rifiutarsi di eseguire una delibera che possa comportare responsabilità.
Per determinare la responsabilità del socio assume rilevanza il principio maggioritario, che sta alla base delle decisioni assunte dai soci di Srl. Ai sensi dell’art. 2479 co. 6 c.c., salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le decisioni dei soci sono prese con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.
Il socio che voti in senso contrario non può quindi essere ritenuto responsabile, in quanto non ha deciso il compimento dell’atto dannoso, anzi si è opposto allo stesso. Allo stesso modo, non può essere ritenuto responsabile il socio assente, che non abbia partecipato alla decisione. Ne consegue che possono essere chiamati a rispondere solo i soci che hanno votato favorevolmente per una certa decisione.
Possono essere in ogni caso fonte di responsabilità anche le decisioni autorizzate dai soci, qualora cioè i soci, al di là di un procedimento decisorio, diano istruzioni in ordine al compimento di una determinata operazione, anche in modo informale. In tal modo, possono essere responsabili anche i soci i quali, pur detenendo una partecipazione minoritaria nella società, autorizzino una operazione dannosa.
Affinché sorga tale la responsabilità dei soci occorre peraltro che questi ultimi abbiano deciso intenzionalmente di danneggiare la società; l’art. 2476 comma 7 c.c. non si applica invece quando vi è mera colpa dei soci, cioè quando il danno si realizza senza che i soci lo avessero voluto.
5. L’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di S.r.l.
L’art. 2476 comma 3 c.c. prevede che ciascun socio, indipendentemente dall’entità della propria quota di partecipazione e senza necessità di previa deliberazione assembleare, può promuovere l’azione sociale contro gli amministratori che, nella gestione della società ed in violazione ai loro doveri, abbiano provocato un danno al patrimonio sociale.
Il socio che agisce contro gli amministratori opera nell’interesse della società, e solo indirettamente nel proprio interesse; l’azione di responsabilità mira difatti ad accertare che l’amministratore ha cagionato danni alla S.r.l., non al singolo quotista, il quale peraltro subisce un danno indiretto, dal momento che i soci sono titolari pro quota del patrimonio sociale.
Nonostante l’assenza di un’esplicita indicazione in tal senso, si ritiene che la legittimazione all’esercizio dell’azione spetti anche alla società.
Infine, ai sensi dell’art. 2476 sesto comma c.c., introdotto dal D.lgs. n° 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa), gli amministratori di una S.r.l. sono responsabili anche verso i creditori sociali, qualora non abbiano osservato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, cioè qualora il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti sociali.
La responsabilità degli amministratori è inquadrabile come responsabilità da inadempimento, in quanto il rapporto di amministrazione è assimilabile funzionalmente al rapporto di mandato, in considerazione della relazione fiduciaria che caratterizza la gestione di interessi altrui. Pertanto:
- ai sensi dell’art. 1218 c.c., spetta agli amministratori dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso;
- è onere del socio dimostrare che la condotta censurata dell’amministratore abbia cagionato effettivamente un danno al patrimonio sociale.
Ai sensi dell’art. 2393 c.c. (applicabile anche alle S.r.l.), l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori è soggetta a un termine di prescrizione di 5 anni, a decorrere dalla data di cessazione dell’incarico dell’amministratore nei cui confronti è esercitata.
6. La revoca degli amministratori di S.r.l.
Le S.r.l. sono spesso composte da pochi soci, legati tra loro da qualche forma di vincolo (ad esempio familiare, di parentela o di amicizia). Inoltre, come si è visto gli stessi soci della S.r.l. assumono frequentemente la funzione di amministratore, mentre il ricorso a gestori esterni non è particolarmente frequente. Quando sorgono, per le più diverse ragioni, tensioni fra i soci, una delle prime azioni che viene fatta è quindi quella volta a destituire l’amministratore non gradito dalla sua carica, cioè di revocarlo.
Ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c., può essere chiesta, in via giudiziale, la revoca degli amministratori solo in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, con effetti limitati al tempo necessario per la pronuncia definitiva sull’azione avente per oggetto il risarcimento dei danni.
Nella prassi, la revoca degli amministratori viene sempre chiesta in via cautelare, ai sensi dell’art. 700 C.p.c.; i contrasti fra soci e amministratori devono infatti poter essere risolti velocemente, al fine di garantire il buon funzionamento della società.
L’accoglimento della domanda di responsabilità degli amministratori per danni non ne determina la loro revoca automatica. Le due azioni di responsabilità e di revoca hanno infatti scopi diversi: la prima ha l’obiettivo di ottenere il risarcimento del danno patito dalla società – e quindi presuppone l’esistenza di un danno cagionato dall’amministratore – mentre la seconda mira a porre termine alla relazione fra S.r.l. e amministratore, e quindi a destituirlo immediatamente dalla sua carica, in caso di gravi irregolarità nella gestione, indipendentemente dall’esistenza di un danno.
Secondo la giurisprudenza prevalente, il provvedimento cautelare di revoca può essere chiesto anche prima dell’inizio della causa avente ad oggetto la responsabilità degli amministratori, in presenza di un danno anche solo potenziale (prescindendo quindi dall’azione di responsabilità che, come si è visto, ha natura risarcitoria).
In caso di revoca dell’amministratore, secondo la giurisprudenza prevalente non è possibile procedere alla nomina di un amministratore giudiziario. Pertanto, venuto meno un amministratore, resta dell’assemblea dei soci il potere di nominare un amministratore nuovo, secondo le previsioni dello statuto e in applicazione dell’art. 2479 c.c. L’eventuale inerzia di tutti i soci dà luogo all’impossibilità di funzionamento della società, con conseguente scioglimento della stessa.
Al di là dell’ipotesi di revoca in via giudiziale, l’atto costitutivo può contenere disposizioni concernenti la revoca degli amministratori. I soci possono dunque disciplinare in sede di atto costitutivo anche le condizioni e le modalità di revoca degli amministratori, stabilendo:
- i presupposti che determinano la revoca degli amministratori;
- il procedimento con cui gli amministratori vengono destituiti dalla loro carica.
Nella prassi, spesso l’atto costitutivo della S.r.l. prevede che gli amministratori possono essere revocati a determinate condizioni, in modo da garantire loro una maggiore stabilità e attirare persone esterne alla società; ad esempio, può essere previsto che gli amministratori possono essere revocati solo in presenza di gravi motivi, e/o di giusta causa.
Se l’atto costitutivo non prevede nulla in materia di revoca degli amministratori di S.r.l., la maggioranza dei soci possa comunque revocare gli amministratori, anche qualora non vi siano i presupposti per l’esercizio di un’azione di responsabilità in via giudiziale (in quanto l’amministratore non ha causato danni), qualora venga meno il rapporto di fiducia con gli altri soci.
Ai sensi dell’art. 2479 comma 1 c.c., infatti, i soci della S.r.l. decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo e sugli argomenti che uno o più` amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione. Nel generale potere decisorio dei soci rientra quindi anche la possibilità di decidere sulla revoca degli amministratori.
In questo senso, si ritiene che, in assenza di specifiche previsioni nell’atto costitutivo, gli amministratori sono revocabili in qualunque tempo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.
A differenza della revoca degli amministratori per via giudiziaria cautelare, che, come si è visto, è consentita al singolo socio, la revoca dell’amministratore in via extra-giudiziale è consentita ai soci che dispongano della necessaria maggioranza. In altre parole, il socio che riscontri gravi irregolarità nella gestione della società ha necessità di raccogliere il consenso della maggioranza dei quotisti per revocare l’amministratore, per ottenere questo risultato in via extra-giudiziale senza ma può rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Se l’assemblea dei soci della S.r.l. deve deliberare in merito alla revoca di un amministratore che è anche socio della società, l’amministratore si trova in una situazione di conflitto d’interessi, in quanto l’interesse della società (alla rimozione dalla carica) è diverso dall’interesse del socio (al mantenimento della stessa). In tal caso, il socio-amministratore di S.r.l., della cui revoca si discute in assemblea, non è obbligato ad astenersi dalla votazione; la decisione assunta con la partecipazione determinante del socio in conflitto di interessi è tuttavia impugnabile.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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