La somministrazione dei farmaci off-label: la regolamentazione e il consenso informato
L’uso off-label di farmaci riguarda le prescrizioni di medicinali non autorizzati all’immissione in commercio o per patologie, secondo indicazioni e modalità di somministrazione non previste nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo di farmaci. La scelta di usare un farmaco off label spetta al medico curante, che, sulla base di documentazione scientifica e sotto la sua diretta responsabilità, dopo aver informato il paziente e avere ottenuto il consenso, può decidere di trattare il proprio assistito con un medicinale prodotto per una indicazione terapeutica o modalità di somministrazione diverse da quelle registrate. In particolare, il medico nell’ottenere il consenso del paziente deve spiegare in dettaglio la ratio della terapia off label, il rischio dei possibili eventi avversi, e i dati di efficacia disponibili per l’impiego off label del farmaco che intende somministrare. Analizziamo il quadro legislativo in materia di somministrazione di farmaci off label, soffermandoci sui profili relativi al consenso informato.
1. L’autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci (AIC)
In linea generale, la prescrizione e la somministrazione delle specialità medicinali da parte del medico esigono che il farmaco sia stato preventivamente autorizzato all’immissione in commercio dal Ministero della salute, o, alt/ernativamente, dall’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (EMEA).
L’atto amministrativo con il quale si legittima un determinato uso terapeutico di un farmaco, nonché la sua stessa presenza sul mercato, è l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). Nel momento in cui l’AIC è concessa, questa diviene una sorta di “carta d’identità” del farmaco, in quanto stabilisce:
- il nome del medicinale;
- la sua composizione;
- la descrizione del metodo di fabbricazione;
- le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse;
- la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione;
- le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale per la sua somministrazione ai pazienti;
- il riassunto delle caratteristiche del prodotto;
- un modello dell’imballaggio esterno;
- il foglio illustrativo;
- la valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l’ambiente.
Presupposto fondamentale per l’ottenimento dell’AIC e per la conseguente, legittima prescrizione da parte del medico è costituito dalla positiva conclusione delle necessarie sperimentazioni cliniche; al termine degli obbligatori studi clinici, l’impresa farmaceutica è in grado di sottoporre al Ministero della salute un dossier nel quale sono dimostrati i requisiti minimi di sicurezza ed efficacia del farmaco, che consentono all’organismo regolatorio di autorizzare legittimamente la commercializzazione e la prescrizione del medicinale, per le sole indicazioni, dosaggi, modalità e forme di somministrazione per le quali sia stato rilevato un certo beneficio terapeutico.
2. I farmaci off-label
Come è noto, negli ultimi anni si è notevolmente ridotto il numero di nuove molecole condotte all’ultima fase di sviluppo e alla successiva commercializzazione dalle imprese farmaceutiche, anche a causa della sempre maggiore selettività nei processi di approvazione da parte delle autorità regolatorie e dei tempi sempre più dilatati per la registrazione. In questo contesto, l’esigenza di affrontare bisogni terapeutici ancora insoddisfatti ha indotto i medici ad intensificare l’utilizzo di medicinali per indicazioni non approvate, e la loro somministrazione in modo svincolato ed indipendente da un percorso sperimentale e registrativo predefinito.
Più recentemente, l’utilizzo di farmaci off label ha subito un incremento per effetto della pandemia Covid-19, dato che non esisteva una terapia specifica e validata da studi contro tale tipo di coronavirus.
L’espressione off-label, o fuori etichetta, fa appunto riferimento al fatto che un medicinale viene usato al di fuori delle indicazioni contenute nel Riassunto delle caratteristiche del prodotto (Rcp), qualora il medico – cui spetta la decisione di proporre la terapia al paziente – lo ritenga, in via eccezionale, utile per la salute del suo assistito.
L’uso off-label di farmacia riguarda dunque le prescrizioni di medicinali non autorizzati all’immissione in commercio (unlicensed) o per patologie, secondo indicazioni e modalità di somministrazione non previste nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo di farmaci (non conventional therapy). Si tratta di una prassi diffusa, in alternativa alle terapie correnti in aree terapeutiche critiche.
Generalmente, tale utilizzo avviene quando il farmaco è impiegato secondo una diversa indicazione terapeutica, cioè con un diverso dosaggio e/o per un paziente che non appartiene al gruppo di pazienti rispetto ai quali il farmaco ha ottenuto l’AIC, riportati nell’Rcp. Si tratta, in altri termini, di un’operazione terapeutica personalizzata che i medici decidono di attuare sotto la propria responsabilità.
3. Il quadro regolatorio in materia di medicinali off label
3.1 Il DL n. 23/1998
Da quanto sopra esposto, si evince che, in linea generale, l’utilizzo di un medicinale da parte del medico può avvenire solo qualora lo stesso medicinale sia già stato preventivamente autorizzato in sede regolatoria per le medesime modalità di somministrazione, dosaggi o indicazioni terapeutiche per le quali si sia rilevato un comprovato beneficio, in un numero statisticamente significativo di destinatari per patologie di rilevante interesse sociale.
In questo senso, l’art. 3, comma 1 del DL n. 23/1998, convertito nella L. n. 94/1998 (c.d. legge Di Bella), prevede che il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, deve attenersi alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’AIC rilasciata dal Ministero della sanità.
Qualora il medico prescriva un medicinale al di fuori delle regole fissate nella scheda tecnica, in caso di contenzioso insorto tra medico e paziente, è onere del prescrittore dimostrare la valenza terapeutica e la sicurezza d’impiego del medicinale stesso; in tali casi non si possono riversare sull’autorità regolatoria né sulla casa produttrice del medicinale eventuali responsabilità civili o penali.
L’art. 3 DL n. 23/1998 prevede tuttavia che il medico, può, in via eccezionale, prescrivere un farmaco per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata (off label appunto), qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione, e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale. Tale decisione può essere presa dal medico sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso.
Una scelta terapeutica “anomala” da parte del medico non può quindi essere generalizzata ed adottata come prassi, ma deve essere invece circoscritta in relazione ad ipotesi specifiche ed individualmente definite, sulla base di criteri dettati dal benefico che ci potrebbe presumibilmente attendere per il paziente; tale beneficio potenziale non deve essere valutato in termini assoluti, ma per comparizione, cioè documentando che l’adozione di una cura non ancora pienamente riconosciuta sotto il profilo regolatorio potrebbe essere comunque suscettibile di comportare un vantaggio addizionale rispetto alla terapia già autorizzata formalmente dal Ministero della salute.
3.2 L’uso compassionevole
L’art. 3 comma 4 DL n. 23/1998 prevede un’ulteriore fattispecie di ammissibilità dell’uso di medicinali off label, attraverso il rinvio all’art. 1 comma 4 della L. n. 648/1996, secondo cui la prescrizione di farmaci non autorizzati è ammessa, a condizione che siano inclusi in un elenco predisposto dalla Commissione Unica del Farmaco ed in assenza in alternative terapeutiche. In tale modo, il legislatore ha conciliato l’opportunità di individuare la terapia più indicata, con la necessitò di una preventiva valutazione della validità della cura, secondo criteri scientifici previsti per una generalità di casi clinici omogenei ed analizzati in modo statistico.
Tale beneficio potenziale deve essere valutato, per comparazione, attraverso la documentazione, che l’adozione di una cura non riconosciuta sotto il profilo regolatorio potrebbe provocare un vantaggio ulteriore rispetto alla terapia autorizzata dal Ministero della salute. In altri termini, la norma prende atto del fatto che il procedimento regolatorio per l’estensione delle indicazioni di un farmaco ed il percorso per l’acquisizione di conoscenze medico – scientifiche sulle prerogative terapeutiche non necessariamente procedono contestualmente e secondo fasi concordate, in quanto il primo è di pertinenza dell’impresa farmaceutica e delle autorità amministrative, mentre le seconde possono essere perseguite autonomamente dalla comunità scientifica, senza che l’esito di tali ricerche debba essere finalizzato ad uno sbocco registrativo.
Il D.M. 8 maggio 2003 ha regolamentato il cd. “uso compassionevole“, per garantire ai pazienti l’accesso a terapie farmacologiche sperimentali, con oneri a carico delle imprese produttrici. Il D.M. prevede che un medicinale sottoposto a sperimentazione clinica in Italia o all’estero (purché oggetto di sperimentazioni favorevolmente concluse di fase terza o, in casi particolari, di fase seconda) possa essere richiesto all’impresa produttrice per uso al di fuori della sperimentazione clinica qualora non esista valida alternativa terapeutica al trattamento di patologie gravi o di malattie rare o di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita. L’autorizzazione all’uso può essere quindi rilasciata solo nei seguenti casi:
- medicinale che per la medesima indicazione sia oggetto di studi clinici in corso o conclusi di fase II o, in caso di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita, di fase II conclusi;
- i dati disponibili sulle sperimentazioni siano sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e tollerabilità del medicinale;
- il protocollo terapeutico deve essere approvato dal Comitato Etici nel cui ambito ha avuto origine la richiesta.
3.3 La legge finanziaria 2007 e la legge finanziaria 2008
Questi principi sono stati confermati dalla L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), la quale, con l’intento di prevenire l’eccesso delle prescrizioni off-label ha stabilito che l’applicazione dell’art. 3, comma 2, DL n. 94/1998 non può assumere un carattere diffuso e sistematico a car5ico del SSN, ove la prescrizione fuori indicazione si riferisca a pazienti le cui patologie possono essere curate con farmaci con indicazioni già specificamente autorizzate: in tali casi, infatti l’utilizzo di medicinali off label può essere legittimo soltanto nell’ambito di sperimentazioni cliniche avviate e condotte ai sensi del D. lgs. n. 211/2003.
In tal modo, il legislatore ha da un lato ribadito il carattere di straordinarietà dell’utilizzo fuori indicazione – la cui adozione non può essere distorta al fine di eludere la normativa sulle sperimentazioni cliniche, ed il regime approvativo e di controlli che esso prevede a tutela del paziente e della rilevanza statistica delle risultanze – e dell’atro si è prefisso una finalità di risparmio per la finanza pubblica, per evitare che il ricorso sistematico ad una somministrazione fuori indicazione di farmaci acquistati in ambito ospedaliero possa comportare l’attribuzione al SSN di oneri che, invece, dovrebbero essere a carico del singolo paziente.
La L. n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), all’art. 1, comma 796 (z) ha previsto che l’uso di terapie farmacologiche con modalità o indicazioni diverse da quelle autorizzate a carico del SSN è consentito solo nell’ambito di sperimentazioni cliniche, mentre è viceversa vietato nelle strutture sanitarie pubbliche se assume carattere diffuso e sistematico e si configura come alternativa terapeutica per pazienti affetti da patologie per le quali risultino autorizzati farmaci ad hoc.
L’art. 2, comma 348 prevede che il medico curante non può prescrivere, per il trattamento di una determinata patologia, un medicinale di cui non è autorizzato il commercio, quando sul proposto impiego del medicinale non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda. Parimenti, è vietato al medico curante di impiegare, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del DL n. 24/1998, convertito dalla L. n. 94/1998, un medicinale per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, qualora per tale indicazione non siano disponibili dati favorevoli di sperimentazione clinica, almeno di fase seconda.
Qualsiasi somministrazione off label, per essere lecita, deve quindi riferirsi alla sperimentazione del farmaco, almeno di fase II, ossia il farmaco deve essere sicuro ed efficace, così come dimostrato in tale fase di sperimentazione. Pertanto, un medico può somministrare un farmaco non autorizzato per una determinata indicazione clinica, in presenza di sperimentazioni di fase II, ufficialmente accreditate, mentre in precedenza era sufficiente la sussistenza di dati appropriati, condivisi, tangibili della letteratura scientifica.
4. Consenso informato e farmaci off-label
Come si è accennato, ai sensi della L. n. 94/1998 il legittimo utilizzo off label dei farmaci da parte del medico richiede, oltre che una complessiva valutazione clinica, un’appropriata informazione del paziente e l’ottenimento del suo consenso informato.
Come è noto, il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, va qualificato quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi artt. 2,13 e 32 della Costituzione. Il medico prima di sottoporre il paziente a qualsivoglia trattamento terapeutico, deve informarlo, compiutamente e dettagliatamente, al fine di fargli compiere la scelta più vicina alla propria determinazione. Il consenso informato, quindi, presuppone che il soggetto per partecipare attivamente alle scelte terapeutiche che lo riguardano deve manifestare la propria volontà in modo consapevole. personale, specifico, preventivo e attuale, revocabile, gratuito e libero.
A tal proposito, la L. n. 219/2017 dispone che tutte le informazioni riguardanti un trattamento sanitario devono essere fornite in modo dettagliato, con linguaggio comprensibile e devono riferirsi alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dall’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
In particolare, qualora si tratti di una terapia che implica l’impiego di un farmaco al di fuori delle indicazioni approvate dal Ministero della salute, l’informazione che il medico deve fornire al paziente deve riguardare le caratteristiche della cura ipotizzata, l’eventualità di una scelta che confermi invece un trattamento più tradizionale e consolidato, ovvero gli effetti collaterali e gli eventi avversi direttamente connessi all’impiego di medicinali off label e non altrimenti riscontrabili nella terapia già ufficializzata a livello regolatorio.
In mancanza di specifici riferimenti circa le caratteristiche che il consens0o informato deve avere nel caso in cui riguardi l’utilizzo di farmaci off-label, sul medico, già gravato dalla responsabilità di dover proporre ed effettuare un trattamento off-label, incombe l’ulteriore onere rappresentato dal dover garantire un’adeguata e completa informazione su trattamenti nuovi e dagli effetti non completamente prevedibili.
Nel contesto emergenziale dell’epidemia Covid-19, nel quale, data la mancanza di terapie mediche comprovate da studi scientifici, si è fatto ampio uso di farmaci off-label, il tema del consenso informato del paziente ha assunto particolare rilievo. Durante l’epidemia risultava infatti difficile per il medico fornire quella “dettagliata spiegazione” prevista dalla L. n. 219/2007, date le incertezze terapeutiche che impedivano di indicare in modo completo e minuzioso le fasi della cura che il paziente si sarebbe trovato ad affrontare.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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