La responsabilità deontologica e civile del farmacista
Il farmacista nell’ambito della sua attività può andare incontro a una responsabilità di triplice natura: deontologica, civile e penale. La responsabilità deontologica del farmacista riguarda la violazione delle norme poste a tutela del decoro e del prestigio della professione farmaceutica, contenute nel Codice deontologico, finalizzate a garantire la sicurezza per la collettività nella dispensazione dei prodotti medicinali. Sul piano civilistico, la responsabilità del farmacista è disciplinata in via generale dall’art. 2043 del Codice civile, in base al quale chi, dolosamente o colposamente, cagiona ad altri un danno, è tenuto a risarcirlo. Il farmacista risponde civilmente anche per i danni provocati dai propri dipendenti o collaboratori, ai sensi dell’art. 1228 del codice civile. In base alla giurisprudenza consolidata, è esente da responsabilità il farmacista che si attenga scrupolosamente a quanto prescritto da un medico.
1. Il farmacista e le sue responsabilità
In Italia il dibattito giuridico sulla responsabilità professionale del medico è sempre di scottante attualità; meno attuale – ma non meno importante – è il tema della responsabilità del farmacista. L’attività del farmacista è complessa; alla tradizionale attività di dispensazione dei farmaci – che costituisce un servizio pubblico, come tale disciplinata dagli artt. 99 ss. T.U. leggi sanitarie – si affianca un numero crescente di attività e di servizi che le farmacie sempre più erogano, e che inevitabilmente amplia i confini della responsabilità. E’ dunque importante esaminare quando si configura la responsabilità del farmacista e a quali rischi quest’ultimo può andare incontro. La responsabilità cui può andare incontro il farmacista nell’ambito della sua attività è di triplice natura: deontologica, civile e penale. In questo articolo, iniziamo ad esaminare la responsabilità di tipo deontologico e civile.
2. La responsabilità deontologica del farmacista
La responsabilità deontologica del farmacista riguarda la violazione delle norme poste a tutela del decoro e del prestigio della professione farmaceutica. Il Codice deontologico è lo strumento di riferimento dell’ordine professionale e raccoglie le norme e i principi posti a garanzia non solo del cittadino e della collettività, ma anche dell’etica, della dignità e del decoro della professione di farmacista.
La responsabilità deontologica, in quanto derivante dal mancato rispetto delle norme del codice deontologico, è autonoma rispetto alle altre forme di responsabilità (civile o penale); per tale motivo, essa può sussistere anche in assenza di danno e/o reato.
La disciplina dettata dal Codice deontologico è essenzialmente finalizzata a garantire la sicurezza per la collettività nella dispensazione dei prodotti medicinali. In questo senso, assume primaria importanza rilievo l’obbligo sancito dal primo comma dell’art. 26 del Codice deontologico, secondo cui “Il farmacista deve respingere le richieste di medicinali senza la prescritta ricetta medica o veterinaria o redatte su ricette prive dei requisiti stabiliti dalla legge”. Il farmacista non può pertanto dispensare, senza prescrizione medica, farmaci per cui sussista tale obbligo.
Tale norma è strettamente collegata al divieto di effettuare diagnosi; il farmacista infatti non può sostituirsi al medico, mentre rientra tra i suoi compiti agevolare la conoscenza delle finalità delle terapie prescritte e le corrette modalità di assunzione dei medicinali.
Il primo comma dell’art. 15 del Codice deontologico stabilisce che “nell’attività di dispensazione, consiglio e consulenza professionale, il farmacista garantisce un’informazione sanitaria chiara, corretta e completa, con particolare riferimento all’uso appropriato dei medicinali, alle loro controindicazioni e interazioni, agli effetti collaterali e alla loro conservazione”. Il farmacista deve, dunque, fornire consigli circostanziati ai pazienti circa tutti i medicinali senza obbligo di prescrizione e i medicinali da banco o di automedicazione, tenendo conto delle indicazioni di cui all’art. 12 del Codice deontologico, secondo cui il farmacista deve scoraggiare l’uso di medicinali per finalità non terapeutiche e di medicinali di automedicazione quando ciò non sia giustificato da esigenze terapeutiche.
Dal momento che il farmacista svolge anche il ruolo di consulenza in favore del paziente, il Codice deontologico stabilisce alcune regole importanti, quali l’obbligo, sancito dall’art. 7, di essere sempre riconoscibile attraverso l’uso del camice bianco con apposto il logo dell’Ordine.
Ai sensi dell’art. 6 del Codice deontologico, è obbligo del farmacista, nel corretto e diligente espletamento della propria professione, acquisire informazioni dettagliate dall’interlocutore, per valutare con attenzione il caso sottopostogli, tanto più se il farmaco in questione non è soggetto a prescrizione medica e, pertanto, potrebbe essere immediatamente consegnato al richiedente. Nel caso di prescrizione dubbia, il farmacista è tenuto a prendere contatto con il medico prescrittore, per il necessario chiarimento al fine di salvaguardare la sicurezza del paziente (art. 26).
Nel caso di violazione di una di una regola deontologica, il farmacista può incorrere in una delle seguenti sanzioni, a seconda della gravità del suo comportamento:
- avvertimento;
- censura;
- sospensione temporanea dall’esercizio e dalla professione;
- radiazione dall’albo.
Il mancato rispetto delle regole deontologiche da parte del farmacista può tuttavia avere conseguenze ulteriori e molto gravi. In particolare, le autorità locali possono disporre la chiusura della farmacia in caso di radiazione o sospensione dall’albo, in quanto, in tal caso, vengono meno i requisiti del titolare della farmacia per l’esercizio dell’attività farmaceutica.
3. La responsabilità civile del farmacista
Sul piano civilistico, la responsabilità del farmacista è disciplinata in via generale dall’art. 2043 del Codice civile, in base al quale chi, dolosamente o colposamente, cagiona ad altri un danno, è tenuto a risarcirlo. La responsabilità civile del farmacista sorge quindi quando dalla sua condotta derivi un danno per il paziente.
Sempre dal punto di vista generale, il farmacista titolare risponde civilmente anche per i danni provocati dai propri dipendenti o collaboratori, ai sensi dell’art. 1228 del codice civile.
In base alla giurisprudenza ormai consolidata, è esente da responsabilità il farmacista che si attenga scrupolosamente a quanto prescritto da un medico. Il farmacista, non essendo abilitato alla prescrizione di farmaci, attività quest’ultima esclusiva del medico, non è infatti autorizzato a sindacare i trattamenti terapeutici farmacologici prescritti dal medico, e deve al contrario attenersi a quanto prescritto da quest’ultimo. Di conseguenza, il farmacista, a cui sia stata presentata una precisa ricetta medica, non è tenuto ad accertare se il farmaco prescritto o la posologia siano corrispondenti alle effettive esigenze terapeutiche del paziente.
L’unica eccezione a tale principio è costituita dal caso in cui il farmacista individui, nella ricetta, la prescrizione di sostanze velenose, dosi non medicamentose o pericolose, nel qual caso deve esigere dal medico una dichiarazione scritta secondo cui la prescrizione avviene sotto la sua responsabilità (art. 40 R.D. n. 1706/1938).
Gli errori più comuni nella dispensazione da parte dei farmacisti – come tali fonte di possibili responsabilità – riguardano in genere:
- l’errata scrittura da parte del medico o lettura da parte del farmacista:
- lo scambio di farmaci a causa della somiglianza tra nomi o confezioni;
- dosaggi diversi per fasce di età in confezioni identiche;
- l’erogazione di farmaci scaduti;
- l’errata indicazione della corretta via di somministrazione;
- la dispensazione di un principio attivo diverso da quello prescritto.
Un caso particolare è costituito dalla prescrizione di farmaci equivalenti a carico del SSN, che costituisce una deroga al divieto per il farmacista di sostituire il farmaco prescritto dal medico.
Come è noto, l’art. 7 comma 1 della L. n. 405/2001 e la L. n. 149/2005 hanno stabilito che il farmacista, qualora il medico non indichi l’insostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato l’assistito, deve consegnare a quest’ultimo il farmaco, a parità di principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie, avente il prezzo più basso, lasciando comunque a quest’ultimo la scelta definitiva.
Il medico che vuole indicare la “non sostituibilità” del farmaco deve altresì riportare in ricetta, in modo sommario, le specifiche motivazioni della sua decisione. Nella sostituzione, di conseguenza, il farmacista non ha alcuna responsabilità nella scelta del principio attivo e/o posologia.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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