Farmacie gestite in forma di S.r.l.: quali tutele per i soci di minoranza?
A seguito della legge n. 124/2017, che ha esteso la possibilità di diventare titolari di una farmacia, oltre che ai farmacisti persone fisiche e alle società di persone, anche alle società di capitali, si è aperto un vero e proprio mercato delle società di capitali nella gestione delle farmacie. Anche per le S.r.l. titolari di farmacia, così come per tutte le società commerciali, nasce quindi l’esigenza di tutelare i soggetti che assumono la posizione di socio di minoranza, in modo da valorizzare adeguatamente il loro investimento; e ciò sia nel momento in cui decidano di entrare a far parte della società con una quota minoritaria, sia nel momento in cui decidano di cedere la loro partecipazione di maggioranza. La strategia di tutela più opportuna per il socio di minoranza è di tipo preventivo, e consiste nell’inserire nello statuto o in un patto parasociale clausole che gli consentano di ottenere un potere di veto o un diritto di exit dalla società. Esistono tuttavia nel diritto societario forme di tutela del socio di minoranza che gli consentono di reagire a comportamenti della maggioranza illeciti, o comunque lesivi dei propri interessi. Un ulteriore presidio dei soci di minoranza della S.r.l. è costituito dal diritto di recesso, con il quale essi possono uscire dalla società, disinvestendo la propria partecipazione, qualora siano dissenzienti rispetto a vicende societarie significative.
1. Il nuovo mercato delle farmacie in forma societaria
A seguito della legge n. 124/2017 sulla concorrenza, che ha esteso la possibilità di diventare titolari di una farmacia, oltre che ai farmacisti persone fisiche e alle società di persone, anche alle società di capitali, si è aperto un vero e proprio mercato delle società di capitali nella gestione delle farmacie.
Anche per le società titolari di farmacia, così come per tutte le società commerciali, nasce quindi l’esigenza di tutelare i soggetti che assumono la posizione di socio di minoranza, in modo da valorizzare adeguatamente il loro investimento; e ciò sia nel momento in cui decidano di entrare a far parte della società con una quota minoritaria, sia nel momento in cui decidano di cedere la loro partecipazione di maggioranza.
È una tematica classica di diritto societario, che adesso riguarda da vicino anche il mondo delle farmacie. Vediamo in questo articolo, in sintesi, gli aspetti più rilevanti, esaminando solo la disciplina delle S.r.l. (che costituisce la forma societaria più frequentemente adottata per la gestione dalle farmacie, relativamente alle società di capitali).
2. Le esigenze di tutela dei soci di minoranza
Come è noto, la compresenza dei soci di maggioranza e di minoranza in una società è necessaria, in quanto i primi sono deputati al controllo, mentre i soci di minoranza fungono da supervisori sull’attività disponendo di appositi strumenti in caso di abuso.
Ma anzitutto: cosa si intende per “socio di minoranza”?
Come è noto, i soci di una società godono di capacità decisionale diversa, principalmente in funzione della misura in cui partecipano al capitale sociale. Possono definirsi soci di minoranza i soci che non sono in grado di esercitare una influenza determinante, attraverso il proprio voto in assemblea, nell’approvazione delle delibere che riguardano le decisioni più importanti della società.
È quindi di fondamentale importanza per i soci di minoranza riuscire a introdurre quorum rafforzati per le delibere attinenti materie di particolare rilievo, quali in particolare:
- nomina e revoca delle cariche sociali;
- approvazione del bilancio;
- aumenti di capitale;
- operazioni straordinarie.
In tal modo, il socio di minoranza è in grado di impedire l’adozione di delibere che possono recare un pregiudizio ai propri interessi, esercitando un potere di veto. Naturalmente, l’individuazione del quorum in grado di assicurare tale influenza al socio di minoranza varia in relazione ai rapporti interni tra i soci.
3. I quorum costituivi e deliberativi delle S.r.l.
A tal proposito, è opportuno riepilogare sinteticamente i quorum costituivi e deliberativi di una S.r.l.
Ai sensi dell’art. 2479-bis c.c., salva diversa disposizione statutaria, nella S.r.l. l’assemblea:
- è regolarmente costituita con la presenza di almeno la metà del capitale sociale;
- delibera con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli intervenuti, salvo che per le delibere che comportino una modifica all’atto costitutivo od operazioni tali da determinare una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o dei diritti dei soci, per le quali è richiesto il voto favorevole di almeno la metà del capitale sociale.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2479, sesto comma, cod. civ., le decisioni extra-assembleari sono prese con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale, salva diversa previsione dello statuto.
4. I diversi diritti dei soci in funzione del grado di partecipazione al capitale sociale.
Ciò premesso, esaminiamo sinteticamente quali sono i diversi diritti dei soci di minoranza di una S.r.l., in funzione della misura della partecipazione detenuta nella società:
- tutti i soci, indipendentemente dalla loro partecipazione nella società, possono impugnare le delibere assembleari (art. 2779-ter civ.), e proporre l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (dell’art. 2476 c.c.);
- i soci che rappresentano almeno il 10% del capitale sociale possono agire ai sensi dell’ 2409 c.c.;
- i soci che detengono almeno i 2/3 del capitale sociale possono rinunziare o transigere l’azione di responsabilità contro gli amministratori, sempre che non si oppongano tanti soci che ne rappresentano almeno il 10% (dell’art. 2476, quinto comma, c.c.);
- i soci che rappresentano il 33% del capitale possono chiedere la convocazione dell’assemblea per deliberare su determinate materie (art. 2479, quarto comma, c.c.).
5. Statuto o patto parasociale?
Come si è visto, il socio di minoranza ha normalmente interesse a modificare i quorum deliberativi su talune materie, in modo da acquisire maggior peso decisionale all’interno della società. Ciò può essere ottenuto negoziando con la maggioranza l’inserimento di una apposita previsione nello statuto o in un patto parasociale, cioè un contratto tra soci.
Inserire tale previsione nello statuto o in un patto parasociale non è equivalente. Lo statuto è dotato di efficacia reale, e quindi vincola anche i terzi. Viceversa, il patto parasociale ha efficacia obbligatoria, cioè vincola solo i soci che lo hanno sottoscritto (o eventualmente anche altri soggetti non soci che lo abbiano anch’essi sottoscritto), e non la società.
Di conseguenza, qualora una clausola di rafforzamento di un determinato quorum deliberativo venga inserita in un patto parasociale, la delibera eventualmente adottata non conformemente a quanto previsto dal patto non potrà essere impugnata (come quella che non sia stata presa nel rispetto di quanto previsto dallo statuto) ma, al più, essa sarà fonte di responsabilità contrattuale per il socio inadempiente, il quale sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti degli altri soci.
Inoltre, mentre lo statuto è vincolante per tutta la durata della società, il patto parasociale può avere durata fino a un massimo di 5 anni.
L’inserimento di tali forme di tutela in un patto parasociale è tuttavia preferibile (rispetto all’inserimento nello statuto) quando vi sono esigenze di riservatezza, oppure è opportuno coinvolgere soggetti terzi rispetto ai soci, o quando i soci intendono adattare o modificare il patto alla sopravvenienza di future circostanze, senza essere costretti a ricorrere all’assemblea ed all’atto pubblico (necessari invece per modificare lo statuto).
6. La rappresentanza nell’organo amministrativo della società
Con riferimento alle decisioni dell’organo amministrativo della società, il socio di minoranza ha generalmente interesse a regolamentare la possibilità di essere rappresentato nell’amministrazione della società, escludendo la possibilità di un organo amministrativo monocratico.
Ciò, naturalmente, sempre che i soci di maggioranza siano interessati a gestire la società in prima persona; qualora invece siano interessati esclusivamente a trarne un profitto, essi potranno affidare la gestione esclusivamente alla minoranza, limitandosi ad assicurarsi la distribuzione degli utili eventualmente generati ed una vigilanza sulla corretta gestione dell’impresa attraverso l’organo di controllo.
In una S.r.l. è inoltre possibile attribuire, nello statuto, diritti particolari riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili ai singoli soci (art. 2468, terzo comma, cod. civ.). Ad esempio, può essere attribuito al socio di minoranza il diritto particolare di nominare uno o più amministratori o di revocarli, di compiere determinati atti gestori o, ancora, di rivestire la carica di amministratori con particolari deleghe. Possono altresì essere loro attribuiti poteri autorizzativi o di veto in relazione a talune operazioni (ad esempio per l’alienazione di immobili della società, l’iscrizione di ipoteche sugli stessi, la cessione di rami d’azienda, etc.).
Infine, può essere utile regolamentare la distribuzione degli utili eventualmente generati, in modo da prevenire che il socio di maggioranza attui una politica di accantonamento degli utili e privi così la minoranza di una qualche forma di ritorno sull’investimento, incentivandola – nel caso di dissidio – a cedere la propria partecipazione.
Tale aspetto potrà essere disciplinato nello statuto-prevedendo il diritto di tutti i soci alla distribuzione di una quota di utili-in un patto parasociale o attraverso la previsione di diritti particolari ai sensi dell’art.2468, terzo comma, c.c.
7. Il diritto di exit: clausole tag along e opzione put
Un’altra forma di tutela molto utile al socio di minoranza, per assicurargli una posizione migliore e più sicura nella società – soprattutto quando non sia possibile ottenere il potere di veto di cui sopra – è costituita dall’ottenimento di diritti di exit (cioè di uscita) dalla società.
In particolare, sono utili alcune clausole, ricorrenti nei patti parasociali – ma spesso presenti anche negli statuti di società – quali:
- le clausole di co-vendita (“tag along”), che consentono al socio di minoranza di tutelarsi nel caso in cui la maggioranza voglia cedere la propria partecipazione ad un terzo che non gli sia gradito come futuro socio o, comunque, a condizioni economiche d’interesse anche per il socio di minoranza stesso; grazie a tale clausola, la minoranza può vendere la propria partecipazione al terzo unitamente a quella della maggioranza. La clausola di tag along diventa ancor più opportuna quando sia presente una clausola di trascinamento, che obbliga la minoranza a vendere la propria partecipazione al terzo unitamente a quella della maggioranza, in modo da massimizzare il valore del propria partecipazione in previsione di una futura cessione della stessa ad un terzo interessato ad acquisire il controllo dell’intera società (clausola di drag along).
- le clausole di opzione put, che attribuiscono alla minoranza il diritto di vendere alla maggioranza la propria partecipazione al ricorrere di determinate circostanze; tale diritto funge da contraltare a quello di acquisto in capo alla maggioranza (opzione call).
8. Le tutele contro gli illeciti della maggioranza
Come si visto, la strategia di tutela più opportuna per il socio di minoranza è di tipo preventivo, ovvero consiste nell’inserire nello statuto o in un patto parasociale clausole che gli consentano di ottenere un potere di veto o un diritto di exit dalla società. Esistono tuttavia nel diritto societario forme di tutela del socio di minoranza per così dire ex post, che gli consentono di reagire a comportamenti della maggioranza illeciti, o comunque lesivi dei propri interessi.
Il Codice civile prevede infatti alcuni diritti individuali del socio, che rappresentano dei limiti al potere della maggioranza nell’introdurre variazioni dello statuto volte a modificare o ridurre la posizione partecipativa del socio. Si tratta dei c.d. diritti di voice, che condizionano direttamente l’esito dell’attività assembleare permettendo al socio di conservare la sua partecipazione nella società. I principali sono:
- il diritto di impugnare le delibere assembleari nel caso in cui non siano state adottate in conformità con la legge e lo statuto della società, ricomprendendo le ipotesi di abuso della maggioranza a danno degli azionisti di minoranza (art. 2479-ter c.c.);
- il diritto di promuovere l’azione di responsabilità contro gli amministratori (art. 2476 c.c.);
- il diritto di esercitare il controllo sull’amministrazione della società (art. 2476, comma 2° c.c.).
Per esercitare tali diritti il socio è garantito il diritto di prendere parte all’assemblea, partecipando attivamente alla discussione per approfondire e discutere la realizzazione di determinate operazioni, soprattutto quelle che vertono su questioni rilevanti per il funzionamento dell’impresa e le modifiche strutturali idonee a incidere sul contenuto dei diritti dei soci o sul valore della partecipazione sociale (art. 2479 c.c.).
A tal fine, l’art. 2476, comma 2° c.c. prevede il diritto del socio di chiedere e ricevere informazioni sulla gestione e di accedere direttamente ai documenti contabili e amministrativi e al materiale preparatorio delle assemblee, in modo da acquisire autonomamente utili informazioni sugli affari interni della società.
Tale prerogativa costituisce anche uno strumento di tutela del socio di minoranza nei confronti della maggioranza, nel caso in cui quest’ultima pianifichi degli interventi di carattere abusivo con l’avallo degli amministratori da essa nominati. La conoscibilità degli affari interni alla società, infatti, rende più agevole ed efficiente l’esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, esercitabile dal socio ai sensi dell’art. dell’art. 2476, comma 3° c.c..
9. Il diritto di recesso
Infine, un ultimo presidio dei soci di minoranza della S.r.l. è costituito dal diritto di recesso.
Esso costituisce il mezzo con il quale il socio può uscire dalla società, disinvestendo la propria partecipazione, qualora sia dissenziente rispetto a vicende societarie significative.
Le cause di recesso del socio di S.r.l. possono essere distinte in legali – derogabili e inderogabili – statuarie e volontarie.
Le cause legali inderogabili di recesso sono indicate dall’art. 2437, comma 1 c.c. e sono:
- la modifica della clausola dell’oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell’attività della società;
- la trasformazione della società;
- il trasferimento della sede sociale all’estero;
- la revoca dello stato di liquidazione;
- l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;
- la modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso;
- le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
In tali ipotesi il diritto di recesso non può essere soppresso ed è nullo ogni patto volto ad escluderlo o a renderne gravoso l’esercizio.
Le cause legali derogabili di recesso, ossia quelle valide salvo diversa previsione dello statuto, sono previste dall’art. 2437, comma 2 c.c., e si riferiscono a:
- la proroga del termine di durata della società;
- l’introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni;
Sia per le cause inderogabili che per quelle derogabili la legittimazione ad esercitare il recesso spetta ai soci che non hanno concorso alla relativa delibera in quanto dissenzienti, assenti o astenuti.
Infine, i soci possono stabilire nello statuto della società ulteriori cause di recesso. Per esempio, è possibile prevedere nello statuto la possibilità di un socio di recedere se il bilancio di un solo esercizio chiude in passivo, ad una certa età del socio, se un socio cessa dalla carica di amministratore, etc..
Se la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso se lo statuto limita la circolazione delle quote, cioè se prevede l’intrasferibilità (anche mortis causa) delle quote, o ne subordini la cessione al mero gradimento di organi sociali, di soci o di terzi (ovvero se il gradimento non è soggetto ad alcuna condizione o limite).
A seguito dell’esercizio del recesso, il socio ha diritto di ottenere dalla società la liquidazione della propria quota detenuta nella società stessa, determinata tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso. La quota del socio che ha esercitato il recesso deve essere quindi liquidata in base al valore economico effettivo della quota stessa, al momento del recesso.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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