È possibile aprire un dispensario se la farmacia presente in pianta organica è stata aperta?
Una farmacia si trasferisce dal centro storico di un paese in una frazione vicina. Il Comune può istituire un dispensario nel centro storico dove era ubicata la farmacia, assegnandone la relativa gestione alla farmacia trasferita?
Sul caso si è pronunciato recentemente il Consiglio di Stato, interpretando in modo innovativo la normativa vigente (L. n. 221/1968).
Questi i fatti. Una farmacia campana chiede ed ottiene il trasferimento dei locali dal centro storico di un paese in una frazione vicina. Il Comune, prendendo atto della nuova ubicazione dei locali della farmacia, istituisce un dispensario proprio nel centro storico dove era ubicata la farmacia, al fine di agevolare l’accesso al servizio farmaceutico agli abitanti del centro storico, assegnandone la relativa gestione alla farmacia trasferita, essendo quella più vicina. Avverso l’apertura del dispensario ricorre un’altra farmacia, affermando che la legge regionale non può consentire l’apertura di dispensari in deroga alla norma nazionale, che prevede la possibilità di istituirli soltanto nel caso in cui una sede farmaceutica prevista in pianta organica non sia stata aperta; così facendo, infatti, si violerebbero i principi in materia di legislazione concorrente (art. 117, comma 3, Cost), in quanto una legge regionale non può violare i principi fondamentali della legge statale.
Il Consiglio di Stato, con sentenza 27.2.2018 n. 1205, ha respinto il ricorso – confermando quanto già affermato dal TAR – sulla base di una nuova lettura dell’art. 1, comma 2, L. n. 221/1968. Ma partiamo dal dato normativo.
L’art. 1, comma 3, L. n. 221/1968, così come modificato dalla L. n. 362/1991, prevede che nei comuni, frazioni, o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, ove non sia aperta una farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica, le regioni possono istituire dispensari farmaceutici. Nella specie, la Legge regionale Campania n. 5/2013 dispone che “per garantire e migliorare il servizio farmaceutico territoriale nelle zone rurali e turistiche, le amministrazioni locali rilasciano le necessarie autorizzazioni ai dispensari farmaceutici”.
Ad avviso del CdS, la disposizione regionale non deroga a quella statale, ma si limita ad incidere solamente sulla competenza al rilascio dell’autorizzazione che, in tal caso, è stata trasferita dalla Regione al Comune. I giudici sono pervenuti a tale conclusione sulla base di una interpretazione evolutiva della norma, scomponendone il contenuto in due distinte sotto-ipotesi.
La prima è quella in cui, ricorrendo entrambi i presupposti previsti dalla norma (sede prevista in pianta organica e farmacia non ancora aperta), le Regioni sono vincolate ad aprire dispensari, al fine di garantire l’effettiva copertura dell’intero territorio comunale. In questo caso, secondo il CdS, il dispensario assume una funzione “suppletiva” o “succedanea”, di presidio temporaneo, cui fare ricorso nelle more dell’apertura della farmacia prevista in pianta organica.
La seconda e più restrittiva ipotesi è quella in cui, al di fuori del caso predetto, le Regioni hanno la semplice facoltà di aprire dispensari (non essendovi una preclusione espressa in tal senso nel testo della norma), a fronte di una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in loco e di un’oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica viciniore ubicata in altra località. In questo secondo caso, secondo il CdS, il dispensario assume una funzione “accessoria” o “ancillare” a quella del servizio farmaceutico ordinario.
Secondo il CdS, il dispensario farmaceutico risponde quindi a una logica diversa da quella delle farmacie, svolgendo la funzione esclusiva di consentire l’accesso ai farmaci nelle zone sprovviste di presidi farmaceutici. In quanto tale, esso rappresenta solo “un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale”. Per queste ragioni, il dispensario non lede il criteri della pianta organica che la legislazione ha posto a tutela delle prerogative delle farmacie. Non va però preclusa la necessità di “dotare il sistema della capacità di fronteggiare anche situazioni del tutto peculiari in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite del presidio di zona”. Nessun rigido e meccanico automatismo, dunque, “tra apertura della sede farmaceutica nella zona e impossibilità di apertura, nella stessa zona, del dispensario”, ma “a contrario, va escluso analogo automatismo tra nuova istituzione di sede farmaceutica nella zona e soppressione del dispensario”. La questione va piuttosto risolta, secondo il CdS, “in considerazione della persistenza dell’interesse pubblico alla distribuzione del farmaco, in costanza della copertura del servizio mediante l’istituzione di una farmacia, esercizio certamente più ‘completo’ rispetto al semplice presidio”.
Il CdS sottolinea tuttavia la necessità di “evitare un utilizzo abusivo del ricorso allo strumento del dispensario che miri alla creazione di multi-presidi farmaceutici, in rete tra di loro e riconducibili ad un unico farmacista imprenditore, tali da determinare una ipercopertura delle aree commercialmente più redditizie e possibili interferenze fra bacini e flussi di utenza di sedi farmaceutiche confinanti o territorialmente prossime. L’interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario, proprio perché atipico ed eccezionale nel sistema sin qui descritto, a giudizio del Consiglio di Stato, “va valutato dall’Amministrazione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ma con un onere motivazionale aggravato dalla considerazione che la presenza di una farmacia attiva può non ostare all’istituzione del dispensario solo in casi del tutto marginali, caratterizzati da una residua particolare difficoltà di distribuzione del farmaco”.
Da ultimo la sentenza accenna anche al criterio per l’individuazione della farmacia affidataria del dispensario, affermando che una “deroga al metodo dell’assegnazione preferenziale del dispensario al titolare della farmacia più vicina” è ammissibile “ma solo per motivate ragioni inerenti alla migliore organizzazione del servizio”.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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