La pubblicità delle farmacie
La farmacia ha una doppia anima: da una parte, eroga un servizio pubblico, di natura sanitaria; dall’altra, esercita un’attività d’impresa. La natura di servizio pubblico che caratterizza la farmacia implica la necessità di regolamentare, più attentamente e specificamente rispetto ad altre attività imprenditoriali, condizioni e limiti della promozione pubblicitaria. Oltre ai principi generali sulla pubblicità, contenuti nel D.lgs. n. 145/2007, si applicano alle farmacie i principi contenuti nel codice deontologico, il quale prevede, in particolare, che il farmacista non può effettuare promozione pubblicitaria in favore di esercenti di altre professioni sanitarie o di strutture sanitarie. Si applicano poi anche ai farmacisti le norme sulla pubblicità dei farmaci, contenute nel D.lgs. n. 219/2006.
1. I principi generali in tema di pubblicità
Come è noto, la farmacia ha intrinsecamente una doppia anima: da una parte, eroga un servizio pubblico, di natura sanitaria; dall’altra, esercita un’attività d’impresa. Sotto quest’ultimo profilo, le farmacie non possono prescindere dal promuovere la propria attività e i propri servizi per affrontare la quotidiana sfida della concorrenza.
La natura di servizio pubblico che caratterizza la farmacia implica tuttavia la necessità di regolamentare, più attentamente e specificamente rispetto ad altre attività imprenditoriali, condizioni e limiti della promozione pubblicitaria.
La nozione di pubblicità è contenuta nell’art. 2, comma 1, del D.lgs. n. 145/2007 secondo il quale la stessa consiste in “qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.
Si tratta quindi di una nozione molto ampia di pubblicità, che prescinde dal mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario venga diffuso, purché lo stesso sia finalizzato a promuovere, anche indirettamente, una determinata attività imprenditoriale. Nel caso della farmacia, si può dunque definire come pubblicità qualsiasi forma di messaggio, comunque diffuso, che abbia lo scopo di promuovere la farmacia in generale o alcuni elementi specifici, quali ad esempio la presenza di determinati reparti o la prestazione di determinati servizi.
L’art. 1°, 2° comma, del D.lgs. n. 145/2007 prevede che la pubblicità in generale (quindi anche per le farmacie) debba essere palese, veritiera e corretta; tali caratteristiche devono essere presenti nel messaggio pubblicitario fin dal primo contatto con il destinatario, dato che il messaggio pubblicitario esaurisce la propria funzione nell’indurre il destinatario a rivolgersi al professionista.
L’Art. 5 del D.lgs. 145/2007 prevede altresì che la pubblicità deve essere sempre “chiaramente riconoscibile” come tale, e che la pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione. Ai destinatari del messaggio pubblicitario deve dunque essere consentito di riconoscere la natura promozionale e non indipendente dello stesso, in modo che venga attivata una sufficiente reazione critica e soglia di attenzione.
Sempre con riferimento alla disciplina generale della pubblicità, l’art. 2, lett. b), del Dlgs 145/2007 vieta la pubblicità ingannevole, definita come “qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea a indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico, ovvero che, per questo motivo sia idonea a ledere un concorrente”.
È invece consentita la pubblicità comparativa, purché la stessa:
- non sia ingannevole;
- confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;
- confronti oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;
- non ingeneri confusione sul mercato tra i professionisti o tra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente;
- non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o posizione di un concorrente;
- non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente;
- non presenti un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati.
2. I principi del Codice Deontologico del Farmacista sulla pubblicità
L’art. 23 del Codice Deontologico del Farmacista (approvato dal Consiglio Nazionale in data 7 maggio 2018), in linea con il quadro normativo vigente e con gli orientamenti espressi dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato in materia di disciplina della pubblicità prevista dai codici deontologici, consente la promozione sia della professione di farmacista che della farmacia stessa, purché nel rispetto dei principi di correttezza, veridicità e trasparenza, e purché la pubblicità non sia equivoca, ingannevole o denigratoria.
La pubblicità può essere fatta utilizzando anche mezzi di comunicazione di massa, al fine di segnalare l’esistenza della farmacia e di pubblicizzare le caratteristiche dell’esercizio e i servizi offerti. La norma deontologica prevede tuttavia che il farmacista, contestualmente all’attivazione della pubblicità, debba trasmetterne il contenuto all’Ordine di appartenenza; in concreto dunque ogni Ordine, ove lo ritenga opportuno o necessario, provvederà i dettagli di trasmissione dei contenuti della pubblicità.
Il Codice deontologico si riferisce al “farmacista”, intendendosi per tale il direttore responsabile della farmacia. Come è noto, a seguito delle novità introdotte dalla L. n. 124/2017 – che ha riconosciuto la possibilità per le società di capitali, anche interamente partecipate da soci non farmacisti, di essere titolari dell’esercizio della farmacia – il direttore della farmacia, nella sua qualità di farmacista, è chiamato a garantire che la complessiva organizzazione e l’esercizio della farmacia siano adeguati alla funzione di presidio socio-sanitario assolto dalla farmacia stessa, nonché che siano rispettate dalla farmacia dallo stesso diretta le norme di leggi vigenti, comprese quelle deontologiche.
Il rispetto delle regole deontologiche sulla pubblicità (e non solo) deve quindi essere assicurato dal direttore della farmacia indipendentemente dalla volontà della proprietà della farmacia, non essendo consentito che le modalità di gestione della farmacia di proprietà di soggetti non farmacisti possa determinare una violazione di tali regole.
3. L’informazione sanitaria
L’art. 23 del Codice Deontologico prevede che il farmacista non può effettuare promozione pubblicitaria in favore di esercenti di altre professioni sanitarie o di strutture sanitarie. Analogamente, il farmacista non può accettare o proporre egli stesso che vengano effettuate comunicazioni pubblicitarie relative alla propria farmacia nelle strutture di coloro che svolgono altre professioni sanitarie (come studi e ambulatori medici o veterinari, cliniche e strutture sanitarie e socio-assistenziali).
La previsione – che contiene dunque un divieto assoluto per la farmacia di fare pubblicità a professionisti e strutture sanitarie, e viceversa, a prescindere dalla conformità o meno del contenuto del messaggio pubblicitario ai precetti deontologici – è conforme a quanto disposto dall’art. 102 del Testo Unico Leggi Sanitarie, il quale vieta la commistione di interessi tra l’esercizio della farmacia e le altre professioni sanitarie, anche a tutela del diritto alla salute.
Qualora il direttore o il farmacista responsabile non riesca a fare rispettare tale divieto dalla proprietà della farmacia, gli stessi devono segnalare tale inosservanza all’Ordine, al fine di andare esenti da responsabilità disciplinare.
Sono invece ammissibili comunicazioni prive di finalità promozionali ed aventi quali unico scopo l’informazione sanitaria in favore dei cittadini, anche qualora tali comunicazioni riguardino i servizi sanitari assicurati da altri esercenti professioni sanitarie. E’ quindi consentito diffondere informazioni circa l’esistenza di servizi sanitari nel territorio, ad esempio mediante la diffusione di elenchi presso la farmacia per indicare, in modo completo e senza discriminazioni – e dunque senza promuovere in maniera selettiva un determinato esercente altra professione sanitaria o esercizio – gli studi e gli ambulatori medici o veterinari, le cliniche e le strutture sanitarie e socio-assistenziali presenti nel territorio.
4. L’insegna della farmacia
L’insegna della farmacia può essere definita, in termini generali, come insegna di esercizio che, come è noto, consiste in una scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie della stessa.
L’insegna della farmacia deve riportare la denominazione “farmacia” e l’emblema della croce di colore verde, il cui uso, ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 153/2009, è riservato esclusivamente alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere, allo scopo di consentire agli utenti un’immediata identificazione delle farmacie.
L’insegna della farmacia, se collocata in prossimità dell’entrata della stessa, non ha natura pubblicitaria, in quanto ha funzione informativa in favore del pubblico, rendendo visibile e facilmente identificabile l’ubicazione della farmacia. In questo senso, la giurisprudenza ha ritenuto che l’insegna di una farmacia, posizionata nel punto di intersezione di due strade, non è un impianto destinato alla pubblicità – e quindi non è soggetta ai limiti previsti dal Dpr. n. 495/202 sul posizionamento di cartelli pubblicitari e insegne – bensì una “pertinenza accessoria” a sensi dell’art. 47, comma 1, del regolamento attuativo del Codice della Strada, ovvero uno strumento necessario ai fini della normale attività di un esercizio commerciale, che consente alla clientela di individuare agevolmente il punto di accesso ai locali.
Analogamente, non hanno natura pubblicitaria i cartelli indicatori installati nell’ambito territoriale della sede farmaceutica di pertinenza, i quali hanno lo scopo di informare l’utenza circa la direzione o la distanza, al fine di consentire di raggiungere la farmacia più vicina.
5. La pubblicità dei farmaci
La promozione dell’esercizio farmaceutico può facilmente trasformarsi nella promozione dei farmaci, ovvero delle sostanze e principi attivi che la farmacia commercializza; il confine tra la promozione dell’attività professionale e la pubblicità di un prodotto può essere molto labile. Di qui l’opportunità di riepilogare molto sinteticamente i principi essenziali che regolamentano la pubblicità dei farmaci, che devono essere tenuti ben presenti dalle farmacie.
Sotto il profilo deontologico, nella propria attività di consiglio e consulenza professionale, il farmacista deve garantire un’informazione sanitaria chiara, corretta e completa, con particolare riferimento all’uso appropriato dei medicinali, alle loro controindicazioni, agli effetti collaterali e alla loro conservazione.
Nell’attività di vendita di prodotti diversi dai medicinali, il farmacista ha l’obbligo di agire in conformità con il ruolo sanitario svolto, nell’interesse della salute del cittadino e dell’immagine professionale del farmacista.
È vietato ogni atto di propaganda volto alla sollecitazione della domanda di medicinali, con o senza obbligo di prescrizione medica o veterinaria, compresi i medicinali per automedicazione, al di fuori della pubblicità autorizzata dal Ministero della Sanità.
Ai sensi degli artt. 201 T.U.L.S. e 114 e ss. del D.lgs. n. 219/2006, è vietata la pubblicità al pubblico di medicinali che richiedono presentazione di ricetta medica, che contengono sostanze psicotrope o stupefacenti, che sono dispensate anche solo in parte dal S.S.N. E’ invece consentita la pubblicità presso il pubblico di medicinali che, per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza l’intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento, e, se necessario, con il consiglio del farmacista (farmaci da banco o di automedicazione – OTP – e farmaci senza obbligo di prescrizione – SOP).
La pubblicità di un medicinale:
- deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà e non può essere ingannevole;
- deve essere realizzata in modo che la natura pubblicitaria del messaggio sia evidente, identificando chiaramente il prodotto.
deve comprendere:
- la denominazione del medicinale e la denominazione comune della sostanza attiva;
- l’indicazione del principio attivo non è obbligatoria se il medicinale è costituito da più sostanze attive;
- le informazioni indispensabili per un uso corretto del medicinale;
- un invito esplicito e chiaro e facilmente leggibile a leggere attentamente le avvertenze figuranti, a seconda dei casi, nel foglio illustrativo o sull’imballaggio esterno.
Non sono consentiti contenuti pubblicitari che:
- facciano apparire superflui la consultazione di un medico o l’intervento chirurgico, offrendo una diagnosi o proponendo una cura per corrispondenza;
- inducano il consumatore a ritenere l’efficacia del medicinale priva di effetti indesiderati;
- lascino supporre che il mancato uso del medicinale possa avere effetti pregiudizievoli sul normale stato di buona salute del soggetto. Tale divieto non si applica alle campagne di vaccinazione;
- si rivolgano prevalentemente ai bambini;
- comprendano una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone largamente note al pubblico;
- assimilino un medicinale a un prodotto alimentare, a un prodotto cosmetico o a un altro prodotto di consumo;
- indichino che la sicurezza o l’efficacia del medicinale sia dovuta al fatto che si tratta di una sostanza «naturale»;
- esaltino in modo improprio, impressionante o ingannevole attestazioni di guarigione;
- utilizzino in modo improprio, impressionante o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell’azione di un medicinale sul corpo umano o su una sua parte;
- divulghino messaggi o testi il cui intento pubblicitario è occultato dalla ridondanza di altre informazioni.
Nessuna pubblicità di medicinali presso il pubblico può essere compiuta senza autorizzazione del Ministero della Salute, a eccezione delle inserzioni pubblicitarie sulla stampa quotidiana o periodica e, per relazione ogni altro mezzo di diffusione dell’informazione presso il pubblico.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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