Farmacie e contratti di locazione commerciale: l’impatto dell’emergenza Covid-19 e la via della rinegoziazione
Le farmacie, pur non essendo state interessate da provvedimenti governativi di sospensione delle attività, in funzione di prevenzione della pandemia Covid-19, hanno anch’esse subito mediamente un calo di redditività. Di conseguenza, per molte farmacie i canoni di locazione dei locali nei quali esercitano la loro attività sono diventati improvvisamente più onerosi, e talvolta difficilmente sostenibili. Di fronte alle risposte insufficienti del legislatore, e data la scarsa efficacia delle norme contenute nel Codice civile e nella legge sulle locazioni, la soluzione più opportuna per riequilibrare le prestazioni contrattuali è la rinegoziazione delle condizioni contrattuali. Tale soluzione è seguita da una parte sempre maggiore della giurisprudenza, che sta delineando un dovere di rinegoziare il canone locatizio in capo ai proprietari, in base al principio di buona fede contrattuale.
1. L’impatto della pandemia sulle farmacie titolari di contratti di locazione commerciale
Come è purtroppo ben noto, le misure straordinarie adottate – dal Governo e dalle Regioni – per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 hanno avuto e stanno tuttora avendo un enorme impatto sulle attività di impresa. In particolare, la situazione emergenziale in atto ha colpito duramente i contratti di locazione commerciale, dato che la disponibilità dei locali in cui si esercita un’attività commerciale è molto spesso acquisita, appunto, attraverso tali contratti.
Il settore farmaceutico è stato anch’esso interessato da tale difficile situazione. Anche se le farmacie non sono state interessate da provvedimenti di sospensione delle attività – come è ovvio, trattandosi di un’attività nevralgica direttamente attinente alla tutela della salute – lo tsunami epidemico ha inciso in modo rilevante sulla redditività.
Ciò per effetto, da una parte, della sensibile e generale flessione dei consumi scaturita dall’epidemia – come confermato dagli ultimi dati sul calo delle vendite dei farmaci – e dall’altra dai maggiori costi e dalle limitazioni operative derivanti dall’adozione delle misure di sicurezza che le stesse sono tenute ad adottare.
Di conseguenza, per molte farmacie i canoni di locazione dei locali nei quali esercitano la loro attività sono diventati, improvvisamente e imprevedibilmente, più onerosi, e talvolta difficilmente sostenibili.
2. Le insufficienti risposte del legislatore emergenziale
Su questo versante, la risposta del legislatore dell’emergenza è stata finora parziale ed insoddisfacente. Infatti, al di là delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 65 del DL n. 18/2020 (cd. Decreto “Cura Italia”), reiterate ed estese dal DL n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”) e dal DL n. 137/2020 (c.d. “Decreto Ristori”), non sono state introdotte misure aventi ad oggetto la rideterminazione del quantum delle obbligazioni incise dall’evento pandemico (se si eccettua la riduzione dei canoni locatizi per i conduttori di impianti sportivi privati, contenuta nel Decreto Rilancio).
Né appare certo risolutiva la norma di cui all’art. 91 del Decreto Cura Italia, che, introducendo il comma 6-bis nell’art. 3 del DL 23 febbraio 2020 n. 6, ha previsto che “il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Tale norma infatti, oltre ad essere di assai incerta interpretazione, data l’infelice formulazione, risulta sostanzialmente inapplicabile nei casi in cui in cui si tratti di adempiere ad obbligazioni pecuniarie (quali appunto il pagamento del canone di locazione), non essendo configurabile in tal caso una impossibilità di adempiere (in virtù del noto principio “genus numquam perit”).
3. L’inadeguatezza delle norme del Codice civile e della legge sulle locazioni
D’altra parte, scarsamente efficaci a venire incontro alle esigenze dei conduttori di immobili ad uso commerciale in difficoltà per effetto della contingenza epidemica si palesano le norme contenute nel Codice civile e quelle contenute nella L. n. 392/78 sulle locazioni. Tali norme infatti prevedono rimedi finalizzati ad ottenere lo scioglimento del rapporto: si pensi in particolare alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta ai sensi degli artt. 1256 e 1463 c.c., alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell’art. 1467 c.c., o al recesso anticipato dal contratto per gravi motivi, ai sensi dell’art. 27 della L. n. 392/78.
Se in alcuni casi è possibile che i conduttori possano essere interessati allo scioglimento anticipato del rapporto locatizio, nella maggior parte dei casi gli stessi – e ciò vale segnatamente per le farmacie – hanno generalmente l’interesse a mantenere in essere il contratto di locazione, rivedendone tuttavia, temporaneamente, le condizioni – e in particolare le condizioni di pagamento del canone – in attesa che la fase emergenziale cessi, e più in generale il periodo di crisi economico-finanziaria ad esso collegato, in modo da evitare una dolorosa e dannosa dispersione dell’azienda.
La situazione di emergenza economico-finanziaria in cui il virus pandemico ha fatto bruscamente precipitare gran parte del mondo imprenditoriale, e che ha interessato anche molti farmacisti conduttori di immobili ad uso commerciale, richiede quindi soluzioni atte a preservare la continuità aziendale, riequilibrando e rettificando i termini degli originari rapporti contrattuali; non già soluzioni – quali appunto quelle approntate dal Codice civile, o dalla legge sulle locazioni – che provocano lo smantellamento o la distruzione del rapporto, favorendo la dispersione aziendale.
4. La rinegoziazione obbligatoria dei canoni locatizi
In questo quadro, la strada maestra, e in realtà l’unica soluzione, per riequilibrare le prestazioni contrattuali intaccate dall’evento epidemico – con particolare riferimento a quelle locatizie – è la rinegoziazione delle condizioni contrattuali.
Ovviamente, nessun problema si pone se la revisione dei canoni locatizi è raggiunta attraverso un accordo spontaneo tra proprietario e conduttore; ma l’esperienza, in particolare di questo periodo, dimostra che tale ipotesi si verifica raramente. Ciò in quanto locatore e conduttore hanno generalmente interessi contrapposti, e il primo spesso si trova in una posizione di maggior forza contrattuale. È dunque evidente che il processo di rinegoziazione non può essere interamente rimesso all’autonomia privata.
Si è quindi delineata l’esistenza di una negoziazione diversa da quella puramente volontaristica, ovvero di tipo obbligatorio. In tal senso, si è infatti affermato che nei contratti di durata – quale appunto la locazione – quando insorgono delle sopravvenienze – cioè degli eventi successivi alla stipula del contratto, che modifichino in misura significativa l’equilibrio iniziale delle obbligazioni delle parti (come certamente è accaduto per l’epidemia) – sorge un dovere di cooperazione delle parti per rinegoziare il contratto, in modo da renderne il contenuto più congruo rispetto agli interessi dei contraenti.
Tale dovere di rinegoziazione si fonda sul principio di buona fede di cui all’art. 1375 c.c., che impone ai contraenti appunto di attivarsi per adeguare il regolamento contrattuale, qualora l’originario equilibrio del contratto risulti snaturato da accadimenti successivi, non prevedibili ed estranei alla sfera di controllo delle parti.
Tale soluzione è stata affermata dapprima da alcune pronunce giurisprudenziali – in particolare da una sentenza del Tribunale di Bologna del maggio scorso – e successivamente dalla Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione dell’8 luglio 2020, la quale, con un intervento molto approfondito e di ampio respiro, ha affermato la vigenza nel nostro ordinamento del principio generale in base al quale, nei contratti di durata, ogni qualvolta si verifichi una sopravvenienza perturbatrice dell’assetto giuridico-economico su cui si è basata la pattuizione negoziale, la parte danneggiata da tale sopravvenienza ha il diritto di rinegoziare il contenuto delle prestazioni, per salvaguardare il rapporto economico sottostante al contratto, nel rispetto della pianificazione originaria delle parti.
Di conseguenza, il locatore, quale contraente avvantaggiato dalla sopravvenienza, ha il dovere, in base al principio di correttezza e buona fede di avviare con il conduttore trattative finalizzate a rinegoziare i termini economici del rapporto di locazione in modo da riequilibrarlo alla luce della situazione pandemica in atto, operando con atteggiamento costruttivo e non ostruzionistico. Qualora ciò non avvenga – e quindi, sintetizzando, il locatore si rifiutasse di avviare le trattative, oppure le conducesse in modo malizioso, senza una seria intenzione di addivenire alla modifica del contratto originario – lo stesso si renderebbe inadempiente nei confronti del conduttore.
5. Alcune indicazioni per le farmacie-conduttrici
Pur non avendo il provvedimento della Cassazione un’efficacia vincolante, è evidente che esso costituisce una linea guida molto importante, sia per gli operatori che per i giudici i quali – come avviene sempre più frequentemente – siano chiamati a pronunciarsi su controversie inerenti i canoni locatizi divenuti eccessivamente onerosi a causa della pandemia. Anche le farmacie titolari di contratti di locazione inerenti i locali in cui viene esercitata l’attività farmaceutica possono quindi trarre utili spunti per vedersi tutelato il loro (legittimo) interesse ad ottenere – qualora abbiano subito una netta contrazione di ricavi e/o siano incorse in maggiori rilevanti spese – una congrua, seppure temporanea, riduzione dei canoni di locazione.
È naturalmente molto difficile, e per certi versi errato, fornire indicazioni generali ai farmacisti i quali si trovino in una simile situazione, dato che ogni soluzione dal punto di vista giuridico deve essere adeguatamente e seriamente valutata alla luce della concreta situazione di ogni singola farmacia (tenendo in considerazione, ad esempio, la situazione reddituale, l’ubicazione dei locali, le eventuali agevolazioni fiscali ottenute, etc.).
In linea generale, appare sconsigliabile per i conduttori-farmacisti agire in via di “autotutela”, riducendo unilateralmente la misura del canone di locazione, non essendo tale comportamento né previsto dalle norme di legge né conforme al principio di buona fede. E’ invece altamente suggeritile avviare una trattativa con il proprietario, proponendo – eventualmente anche con l’ausilio di un consulente legale di fiducia – una soluzione equilibrata per una congrua riduzione del canone.
Di fronte al silenzio, o all’inerzia del proprietario dei locali, si potrà quindi valutare, prima di adire la giustizia ordinaria, di promuovere un tentativo di mediazione, davanti ad un apposito organismo a tale scopo deputato; ciò anche in considerazione del fatto che le locazioni rientrano tra le materie in cui è previsto il tentativo obbligatorio di mediazione, quale condizione per poter poi iniziare una vera e propria azione legale.
Occorre, d’altra parte, evidenziare che, allo stato attuale, in assenza di un intervento chiaro da parte del legislatore, non è ben chiaro quali siano le conseguenze in caso di violazione, da parte dei proprietari, dell’obbligo generale di rinegoziare i canoni locatizi divenuti onerosi a causa della situazione emergenziale in atto. In particolare, è incerto quale sia il ruolo del giudice in sostituzione della volontà delle parti, ovvero se il giudice – adito dal conduttore – debba limitarsi a condannare la parte inadempiente – ovvero il locatore – al risarcimento del danno in favore del conduttore, oppure possa spingersi fino a rideterminare, sostituendosi appunto ai contraenti, i termini del contratto, riducendo discrezionalmente l’importo del canone in rapporto alle peculiarità del caso concreto.
Tale ultima soluzione è naturalmente più consona alla situazione in cui versano molti conduttori e dunque più efficace, ma viene a scontrarsi contro il principio della libertà di iniziativa economica – garantito costituzionalmente – ed incrinare pericolosamente la certezza dei rapporti giuridici. In attesa di un auspicabile intervento legislativo, non resta che attendere il consolidarsi dell’orientamento della giurisprudenza in proposito.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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