Dispositivi medici: la responsabilità da prodotto
La responsabilità da dispositivo medico (DM) difettoso e i relativi effetti che possono derivare sui soggetti che li commercializzano è notevolmente complessa, data la sovrapposizione delle normative comunitarie e nazionali, l’ampiezza dei soggetti potenzialmente responsabili dell’accaduto e i molteplici rapporti giuridici (contrattuali e non) intercorrenti tra il soggetto danneggiato e il soggetto danneggiante. Mentre la Direttiva 93/42/Ce non conteneva nessuna indicazione circa la nozione di “difettosità” di un dispositivo medico, il Regolamento UE n. 2017/745 (MDR) ha introdotto una definizione puntuale di “dispositivo difettoso”. Esaminiamo le fattispecie di responsabilità da prodotto difettoso, alla luce del MDR.
1. La responsabilità civile nella commercializzazione di dispositivi medici difettosi alla luce del MDR
La responsabilità da dispositivo medico (DM) difettoso e i relativi effetti che possono derivare sui soggetti che li commercializzano è notevolmente complessa, data la sovrapposizione delle normative comunitarie e nazionali, l’ampiezza dei soggetti potenzialmente responsabili dell’accaduto e i molteplici rapporti giuridici (contrattuali e non) intercorrenti tra il soggetto danneggiato e il soggetto danneggiante.
La Direttiva 93/42/Ce non conteneva nessuna indicazione circa la nozione di “difettosità” di un dispositivo medico. Il Regolamento UE n. 2017/745 sui DM (Medical Device Regulation, “MDR”), entrato in vigore il 26 maggio 2021, ha invece introdotto una definizione puntuale di “dispositivo difettoso”.
L’art. 2 par. 59 MDR definisce difetto di un DM una qualsiasi carenza relativa all’identità, qualità, durabilità, affidabilità, sicurezza o prestazione di un dispositivo, compresi il cattivo funzionamento, gli errori d’uso o l’inadeguatezza delle informazioni fornite dal fabbricante.
Può dunque essere ritenuto difettoso un DM carente dei requisiti di sicurezza e prestazione previsti dall’Allegato 1 MDR (inclusi quelli relativi alla redazione delle etichette e delle istruzioni per l’uso). Ciò in quanto:
- secondo la Corte di Giustizia UE, data la funzione dei DM e la situazione di particolare vulnerabilità dei pazienti che li utilizzano, i requisiti di sicurezza ad essi relativi, che i suddetti pazienti possono legittimamente attendersi, sono particolarmente elevati (Corte di Giustizia UE, sez. IV, 5 marzo 2015, C-503/13 e C-504/13);
- un prodotto non può definirsi sicuro qualora sia carente dei requisiti di sicurezza e prestazione previsti dalla normativa a tutela della sicurezza del paziente;
- la nozione di “difetto” di cui all’art. 2, n. 59, MDR comprende anche i requisiti di sicurezza e prestazione.
Per quanto concerne, inoltre, la carenza di prestazione, l’art. 2 par. 52 definisce come prestazione clinica la capacità di un dispositivo, dovuta a effetti medici, diretti o indiretti, derivanti dalle sue caratteristiche tecniche o funzionali, ivi comprese diagnostiche, di ottenere la destinazione d’uso dichiarata dal fabbricante, procurando in tal modo un beneficio clinico per i pazienti, quando è utilizzato come previsto dal fabbricante.
L’art. 2 par. 53 definisce invece il beneficio clinico come l’impatto positivo di un dispositivo sulla salute di una persona, espresso in termini di un esito clinico significativo, misurabile e rilevante per il paziente, ivi compreso l’esito connesso con la diagnosi, ovvero un impatto positivo sulla gestione del paziente o sulla salute pubblica.
Si può quindi ritenere che un DM può essere definito come difettoso ai sensi del MDR non solo qualora non sia “sicuro”, ma anche qualora, pur rispettando i principi di sicurezza, non comporti un esito clinico significativo, misurabile e rilevante per il paziente.
D’altra parte, secondo l’orientamento della giurisprudenza comunitaria, l’accertamento di un potenziale difetto, anche eccezionalmente rinvenuto in prodotti appartenenti alla medesima serie, impone di qualificare come difettosa tutta la produzione, senza verificare l’anomalia del singolo prodotto. In altri termini, se si ravvisa un difetto di produzione, tutti i prodotti devono essere considerati difettosi, senza che sia necessario verificare ogni singolo pezzo, e l’azienda produttrice deve sostenere l’onere e i costi per la loro sostituzione.
2. La responsabilità da prodotto difettoso secondo il Codice del Consumo
In linea generale, la responsabilità civile derivante dalla commercializzazione di un DM difettoso può essere suddivisa in tre categorie:
- responsabilità da prodotto difettoso, ai sensi degli artt. 114-127 del D.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo);
- responsabilità contrattuale, per vizi e difformità della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1490 c.c.;
- responsabilità extra-contrattuale per fatto illecito, ai sensi dell’art. 2043 c.c.
La responsabilità da prodotto difettoso, ai sensi del D.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), la cui applicabilità ai DM è stata confermata dalla prevalente giurisprudenza comunitaria e nazionale, può essere contestata solo dai consumatori, ovvero dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (art. 3, comma 1, lett. a, Cod. Consumo), e non quindi dagli operatori economici che agiscono per scopi professionali e/o commerciali (B2B).
La Direttiva 85/374/CEE consente al consumatore che subisce dei danni a causa dell’acquisto di un prodotto difettoso di chiedere un risarcimento a tutti i soggetti che rientrano nella definizione di “produttore”, ovvero:
- il fabbricante del prodotto finito;
- il produttore di materia prima;
- il fabbricante di un componente;
- ogni soggetto che, apponendo il proprio nome, marchi marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come produttore dello stesso.
È quindi sufficiente che l’operatore economico apponga o autorizzi il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, non essendo rilevante chi sia il “vero” produttore e/o le modalità attraverso le quali l’operatore si presenta al consumatore.
Sono dunque potenzialmente responsabili i seguenti soggetti coinvolti nella commercializzazione di un DM:
- il terzista, in quanto, pur non apponendo il marchio commerciale sul prodotto e non occupandosi della sua commercializzazione, è il “produttore della materia prima” ai sensi del Codice del consumo;
- il fabbricante, in quanto “fabbricante del prodotto finito” ai sensi del Codice del consumo (inclusi anche tutti i soggetti che acquisiscono tale qualifica a seguito di violazioni del MDR o perché assemblano sistemi o kit procedurali ai sensi dell’art. 22 MDR);
- il mandatario, in solido con il fabbricante, in quanto la qualifica di produttore si estende a chiunque compaia nell’etichetta del prodotto e/o abbia avuto un ruolo nella commercializzazione del DM;
- l’importatore, come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza comunitaria;
- il distributore, nella sola ipotesi in cui non comunichi, entro tre mesi dopo la richiesta del consumatore o la ricezione dell’atto di citazione, l’identità e il domicilio del produttore;
- il ricondizionatore, in quanto considerato un produttore ai fini dell’articolo 3, par. 1, della direttiva 85/374/CEE (art. 17, par. 2 MDR).
In particolare, se il difetto è attribuibile unicamente al fabbricante finale (ad es., errata progettazione), i fabbricanti di componenti o di materia prima non rispondono; se il difetto riguarda la materia prima con la quale è stato realizzato un componente, saranno responsabili in solido sia il produttore della materia prima, sia quello del componente, sia quello finale; se il difetto si colloca a livello di fabbricazione del componente, responsabili in solido saranno i produttori di quel componente e del bene finale, ma non anche quello della materia prima; chi infine si presenta come produttore apponendo il proprio nome, marchio o segno distintivo sul prodotto fabbricato da altri o sulla confezione di esso risponde in solido con il produttore effettivo.
Inoltre, anche nei casi in cui l’operatore economico non rientri nella definizione di “produttore”, si può comunque configurare una responsabilità in capo al distributore di DM, qualora quest’ultimo non comunichi al danneggiato l’identità del fabbricante entro un termine ragionevole; termine che l’art. 116 del Codice del Consumo fissa in 3 mesi dalla richiesta fatta per iscritto dallo stesso consumatore.
Può altresì sussistere una responsabilità anche dell’operatore sanitario, nel caso in cui il danno da prodotto difettoso dipenda da una condotta negligente di questi. L’operatore sanitario- in qualità di utilizzatore finale o prescrittore di un DM – può essere infatti responsabile nei seguenti casi:
- errato utilizzo di un DM, ovvero utilizzo del dispositivo al di fuori della destinazione d’uso stabilita dal fabbricante (uso off label), o da una violazione delle istruzioni per l’uso del dispositivo, qualora il danno cagionato ne sia conseguenza immediata e diretta;
- utilizzo di un DM difettoso, qualora non siano stati adottati tutti gli accorgimenti necessari ad accertare il regolare funzionamento del prodotto, ovvero, in particolare, quando la difettosità del DM – da cui tragga origine il danno – fosse riconoscibile a causa di evidenti alterazioni di tipo strutturale o quando non abbia effettuato un’adeguata attività di manutenzione.
Ai sensi dell’art. 117 del Codice del consumo, si considera difettoso un prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere (o offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima tipologia), tenuto conto:
- del modo in cui il prodotto è messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
- dell’uso al quale il prodotto è destinato e i comportamenti che in relazione ad esso si possono prevedere;
- del tempo in cui è messo in circolazione.
Il concetto di “difetto” non coincide con quello di “vizio”; quest’ultimo rappresenta un’imperfezione del prodotto che può non comportare insicurezza, mentre il difetto di fabbricazione è strettamente connesso al concetto di garanzia, in quanto il prodotto deve assicurare livelli minimi di sicurezza generalmente richiesti in relazione agli standard imposti dalle norme in materia.
Ai sensi dell’art. 118 del Codice del consumo, la responsabilità è esclusa nelle seguenti ipotesi:
- il produttore non ha messo il prodotto in circolazione;
- il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione;
- il produttore non ha fabbricato il prodotto per la vendita o per qualsiasi altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo ha fabbricato o distribuito nell’esercizio della sua attività professionale;
- il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridica imperativa o a un provvedimento vincolante;
- lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso;
- nel caso del produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che la ha utilizzata”
- il difetto è sorto in conseguenza della condotta negligente del consumatore (es. errata manutenzione o conservazione del DM).
La colpa del produttore è considerata presunta; pertanto, il produttore è responsabile per i danni provocati da prodotti difettosi qualora il consumatore danneggiato dimostri (art. 120 Codice del consumo):
- il difetto del prodotto;
- il danno;
- il nesso causale tra danno e difetto.
Per andare esente da responsabilità, il produttore deve invece dimostrare (art. 118 Codice del consumo):
- di non aver mai messo in circolazione il prodotto;
- che il difetto non esisteva al momento dell’immissione sul mercato o che sia insorto dalla necessità di conformare la merce stessa ad una norma imperativa;
- che, in base alle conoscenze tecniche dell’epoca, non era stato possibile individuare elementi di difettosità (c.d. rischio di sviluppo);
- che, nel caso che le contestazioni riguardino una componente o la materia prima, il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima.
Ai sensi dell’art. 123 del Codice del consumo, l’operatore economico deve risarcire il danno derivante dal DM difettoso, comprensivo delle seguenti voci:
- distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato (sono quindi esclusi di danni subiti da beni utilizzati dall’imprenditore nella propria attività);
- danno cagionato dalla morte o da lesioni personali, tenuto conto, come precisato dalla giurisprudenza comunitaria, di tutto quanto necessario per eliminare le conseguenze nocive e per ripristinare il livello di sicurezza che ci si può legittimamente attendere, e quindi comprendente anche i costi connessi alla sostituzione del prodotto difettoso o riparazione.
L’operatore economico è soggetto alle azioni di “riparazione”, “sostituzione”, “riduzione del prezzo” o “risoluzione del contratto” previste dal Codice del consumo, solo se ha concluso direttamente il contratto di vendita con il consumatore, o se comunque gli ha offerto delle garanzie di vendita particolari. In caso di richiesta di risarcimenti danni, invece, non è necessaria la sussistenza di un contratto tra le parti e/o l’offerta al consumatore di determinate garanzie convenzionali.
Ai sensi degli artt. 125 e 126 del Codice del consumo, il consumatore può chiedere di essere risarcito entro 3 anni dal giorno in cui ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del responsabile, ed entro 10 anni dal giorno in cui il produttore o l’importatore ha venduto per la prima volta nell’UE il prodotto che ha cagionato il danno.
È nullo qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità nei confronti del danneggiato (art. 124 Codice del consumo.)
3. La responsabilità contrattuale per vizi e difformità della cosa venduta (art. 1490 c.c.)
L’azione di responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1490 c.c. può essere esercitata da qualunque soggetto nei confronti del solo venditore dal quale ha acquistato direttamente il DM.
Tale azione si applica generalmente nei rapporti B2B, non nei rapporti B2C, rispetto ai quali il consumatore ha la possibilità di ricorrere alla tutela offerta dal Codice del consumo.
Secondo la giurisprudenza prevalente, i difetti si dividono in:
- vizi, cioè imperfezioni o difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione, e conservazione della cosa (art. 1490 c.c.);
- qualità promesse dal venditore o qualità essenziali per l’uso a cui il DM è destinato, cioè difetti inerenti la natura del prodotto e concernenti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell’ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione in una specie o in un’altra (art. 1497 c.c.); si tratta in sostanza di difetti che non sono “vizi” (in quanto non derivanti da errori compiuti nel ciclo produttivo del DM) ma che riguardano più propriamente le qualità che il DM avrebbe dovuto presentare per l’uso che le parti avevano convenuto.
La responsabilità è esclusa nel caso in cui:
- il difetto sia sorto a causa della condotta negligente dell’acquirente(ad es. errata manutenzione o conservazione del DM);
- il vizioera conosciuto dall’acquirente o facilmente riconoscibile (art. 1491 c.c.)
L’acquirente può esercitare le azioni di garanzia della cosa venduta e, quindi:
- se il DM presenta un vizio, il compratore ai sensi dell’art. 1492 c.c. può scegliere la risoluzione del contrattoovvero la riduzione del prezzo, oltre in ogni caso il risarcimento del danno nei limiti del ripristino della situazione anteriore alla conclusione del contratto ai sensi dell’art. 1494 c.c. (salvo che il venditore provi di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa)
- se il DM non presenta le qualità promesse o essenziali, la risoluzione del contrattoai sensi dell’art. 1497 c.c. e il relativo risarcimento danni (senza limiti), solo qualora tali difformità eccedano i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi; in caso contrario, la riduzione del prezzo;
- se il vizio o l’assenza delle qualità siano tali da far rientrare il DM in un genere differente, oppure da impedire di assolvere la funzione naturale cui è destinato o quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. aliud pro alio), la risoluzione del contrattoo l’esatto adempimento ai sensi dei normali rimedi previsti in materia contrattuale dall’art. 1453 c.c.
Come ritenuto dalla giurisprudenza prevalente, l’acquirente deve dimostrare l’esistenza del vizio o la mancanza delle qualità promesse o essenziali, nonché il nesso causale e i danni. Ai sensi degli artt. 1487 e 1488 c.c., le parti possono concordare per iscritto di escludere la garanzia, o modificarne i suoi effetti, sia in aumento che in diminuzione. Tuttavia, tale esclusione non è ammessa quando il venditore abbia in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa (art. 1490 c.c.).
L’azione di garanzia per esistenza dei vizi o inesistenza delle qualità promesse deve essere esercitata entro 8 giorni dalla consegna (salvo che il venditore abbia riconosciuto il vizio/difformità o li abbia occultati) e, in ogni caso, entro 1 anno dalla consegna del DM (art. 1495 c.c.).
4. La responsabilità extra-contrattuale per fatto illecito (art. 2043 c.c.)
L’azione di responsabilità per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c. è esperibile da parte di chiunque subisca un “fatto illecito” e un “danno ingiusto”.
Il ricorso a questa forma di responsabilità è tuttavia residuale, in quanto nei rapporti B2C si applica il Codice del consumo o comunque la responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1490 c.c., mentre nei rapporti B2B si applica il regime della responsabilità contrattuale ex art. 1490 c.c. o il diverso regime eventualmente concordato tra le parti. Tale forma di tutela potrebbe essere comunque utilmente esperita nei casi in cui siano carenti i presupposti richiesti dal Codice del consumo o dall’art. 1490 c.c.
Come ritenuto dalla giurisprudenza prevalente, la responsabilità per fatto illecito presuppone:
- la violazione di precetti normativi da parte del danneggiante;
- qualsiasi condotta colpevole di aver determinato un danno ingiusto ad una posizione di interesse giuridicamente apprezzabile e meritevole di tutela.
Nel caso dei DM, una responsabilità per fatto illecito si potrebbe configurare, ad esempio, quando il difetto sia tale da rendere il DM contrario ai requisiti di sicurezza e prestazione richiesti dal MDR; il rispetto di tali requisiti infatti è un obbligo di legge previsto in capo al fabbricante.
La responsabilità è esclusa nel caso in cui:
- il difetto sia sorto a causa della condotta negligente del danneggiato(es. errata manutenzione o conservazione del DM);
- il difetto sia stato realizzato in conseguenza ad una causa di stato di necessità o di “legittima difesa”.
L’autore del fatto illecito è responsabile del danno patrimoniale e, in determinati casi, anche del danno non patrimoniale (quando, ad esempio, il comportamento dannoso sia anche un reato o leda diritti costituzionalmente garantiti).
Come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza, la parte danneggiata ha l’onere di dimostrare gli elementi costitutivi della responsabilità (fatto illecito, nesso di causalità, danno ingiusto e imputabilità soggettiva).
L’azione si prescrive nel termine di 5 anni dalla data di commissione del fatto illecito.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.