Il rapporto di lavoro dei farmacisti
Varie sono le tipologie contrattuali che possono essere utilizzate per regolamentare il rapporto di lavoro tra i farmacisti non titolari di farmacia (collaboratori e dipendenti) e la farmacia stessa. La principale regolamentazione è contenuta nel Contratto collettivo nazionale farmacie private (CCNL). Vi sono poi altre tipologie contrattuali, sia di tipo autonomo che di tipo subordinato. Analizziamo la disciplina applicabile ai rapporti di lavoro tra i farmacisti titolari di farmacie private o società autorizzate all’esercizio della farmacia privata ed il relativo personale).
1. Il rapporto di lavoro autonomo
Il rapporto di lavoro tra i titolari di farmacie e i propri collaboratori può essere configurato secondo due tipologie, che si distinguono nettamente tra loro per la diversa disciplina applicabile: lavoro autonomo (o contratto d’opera) e lavoro subordinato.
Nel rapporto di lavoro autonomo, il farmacista presta la propria attività lavorativa in favore della farmacia in qualità di libero professionista, senza vincolo di subordinazione. Egli lavora quindi in autonomia, con propria organizzazione imprenditoriale di mezzi e strumenti, assumendo su di sé il rischio economico, senza essere soggetto al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del titolare della farmacia.
Tale tipologia di rapporto, prevista in via generale dall’art. 2222 c.c., è rimessa pressoché integralmente all’autonomia privata; le parti, quindi, sono libere di disciplinare il rapporto di lavoro nei diversi aspetti (durata, obblighi, orari etc.), ivi compreso l’aspetto retributivo, che può essere liberamente concordato nel contratto. A fronte dello svolgimento della propria attività, il collaboratore, titolare di partita IVA, rilascia apposita fattura.
Rientra, in particolare, nello schema del rapporto di lavoro autonomo la collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co), la quale presenta le seguenti caratteristiche:
- autonomia: Il collaboratore deve il collaboratore deve godere di autonomia organizzativa circa tempi e modalità della prestazione lavorativa;
- coordinamento con il titolare: l’attività del lavoratore deve essere coordinata funzionalmente e strutturalmente all’organizzazione della farmacia;
- continuità: le prestazioni di lavoro del collaboratore devono essere ripetute e nel tempo;
- personalità: la prestazione lavorativa del collaboratore deve essere prevalentemente personale, senza l’aiuto di altri soggetti.
L’art. 2 del D. Lgs. 81/2015 prevede che si applica la disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative, le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Tale presunzione di subordinazione non si applica, tuttavia, alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per cui è obbligatoria l’iscrizione all’Albo professionale (come nel caso appunto dei farmacisti).
N.B.: Si segnala però che il ministero del Lavoro, nella circolare 3/2016 del 1 febbraio 2016, nel fornire indicazioni al proprio personale ispettivo, precisa che, anche nei casi in cui non si applica l’art. 2, può astrattamente ipotizzarsi un rapporto di lavoro subordinato, qualora gli ispettori accertino una vera e propria direzione da parte del committente, tipica del datore di lavoro di cui all’art. 2094 C.C.
In ogni caso, la circolare n. 3/2016 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha precisato che per tali tipologie di collaborazione è comunque ipotizzabile la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione, qualora risulti che l’attività non sia svolta in modo effettivamente autonomo. Infatti, la configurazione del rapporto di lavoro del farmacista come autonomo deve essere genuina, e non può essere utilizzata per dissimulare un rapporto di lavoro subordinato, e dunque per aggirare la normativa a tutela del lavoratore subordinato.
Ai fini della configurazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato non rileva la qualifica formale del contratto, bensì come in concreto si svolge il rapporto di lavoro. In altri termini, la qualificazione del rapporto come autonomo, operata dalle parti al momento della sottoscrizione del contratto, non preclude al lavoratore la possibilità di agire in giudizio per far valere la subordinazione del rapporto, qualora ne sussistano effettivamente i presupposti.
A questo proposito, la giurisprudenza ha individuato una serie di indici, utilizzabili al fine di valutare se un rapporto lavorativo sia effettivamente caratterizzato da subordinazione o autonomia. Il principale indice rivelatore della subordinazione consiste nella c.d. eterodirezione, cioè il fatto che il lavoratore è soggetto al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della propria autonomia nella determinazione dei tempi e modi dell’attività lavorativa.
Ulteriori elementi che secondo la giurisprudenza possono rivelare l’esistenza di un vincolo di subordinazione sono costituiti da:
- l’osservanza di un orario di lavoro;
- il pagamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita;
- l’obbligo di chiedere permessi e di comunicare assenze o malattie;
- l’obbligo di usufruire delle ferie solo nei periodi indicati dal datore di lavoro
- l’utilizzazione di strumenti di lavoro dell’azienda;
- lo svolgimento della prestazione lavorativa in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro.
Qualora, dunque, un rapporto di lavoro abbia effettivamente natura subordinata – nonostante la qualifica formale operata dalle parti nel contratto – sorgono, indipendentemente dalla volontà delle parti, determinati obblighi inderogabili, e in particolare quelli di natura retributiva e contributiva e quelli legati alla durata del rapporto.
Il lavoratore può, in tal caso, promuovere una vertenza volta ad accertare, retroattivamente, l’effettiva natura subordinata del rapporto di lavoro; ciò può comportare l’obbligo da parte della farmacia di assumere il lavoratore, di risarcirgli il danno per il licenziamento e, soprattutto, di corrispondergli i contributi previdenziali.
Affinché il rapporto di lavoro tra farmacista e farmacia possa essere legittimamente regolamentato come lavoro autonomo occorre, in definitiva, che il farmacista goda effettivamente di larga autonomia nella determinazione dei tempi e modalità della propria attività lavorativa nella farmacia; situazione che spesso non ricorre nella pratica, dato che il farmacista presta generalmente la propria attività sotto la direzione e il coordinamento del titolare e/o del direttore della farmacia.
Occorre infine evidenziare che, secondo la giurisprudenza, relativamente alle società di persone, è configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci sempreché la prestazione del socio non integri un conferimento previsto dal contratto sociale e l’attività lavorativa sia prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, ma a tal fine è comunque necessario verificare che l’attività lavorativa sia prestata sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia (Cass. n. 23129/2010, Cass. n. 1396/2020).
2. Il rapporto di lavoro subordinato: il CCNL farmacie private
Il rapporto di lavoro subordinato tra i farmacisti titolari di farmacie private o società autorizzate all’esercizio della farmacia privata ed il relativo personale dipendente (laureato o non laureato in farmacia) è regolato dal Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) farmacie private, rinnovato nel 2021 (di seguito il “CCNL”).
Il CCNL prevede una classificazione del personale articolata in due categorie, Quadri e Impiegati, a loro volta articolate rispettivamente in tre aree e sei livelli, corrispondenti a specifici compiti e responsabilità nonché diversa retribuzione, che viene indicata nelle apposite tabelle differenziate tra farmacie urbane e rurali.
La qualifica di Quadro è attribuita, in funzione del livello di professionalità e delle particolari responsabilità connesse con l’esercizio della professione di farmacista, al farmacista Direttore di farmacia ed al farmacista collaboratore dopo 24 mesi di servizio nella qualifica (art. 4 CCNL).
Ai fini del calcolo dei 24 mesi di servizio in qualità di farmacista per il farmacista collaboratore, si tiene conto anche del servizio prestato presso altre farmacie, nella stessa qualifica, documentati dalle attestazioni del libretto di lavoro o con altre modalità (ad esempio il contratto di lavoro o le buste paga indicanti il primo livello applicato al rapporto di lavoro).
La categoria dei Quadri è articolata in tre aree professionali, a ciascuna delle quali corrisponde un livello retributivo commisurato alla diversificazione delle responsabilità:
- Area Q1: Direttore responsabile di farmacia. Tale qualifica è configurabile solo nei casi di farmacia succursale, farmacia il cui titolare non sia farmacista, nelle gestioni ereditarie e nelle società di farmacisti. I datori di lavoro del settore delle farmacie possono temporaneamente destinare un farmacista collaboratore in una farmacia succursale nella mansione e qualifica di Direttore di farmacia per un totale di sei mesi anche non consecutivi nel corso di un anno di lavoro, senza che si determini il passaggio definitivo all’area Q1.
- Area Q2: farmacista collaboratore che abbia maturato un elevato grado di specializzazione, possieda specifiche competenze tecnico professionali (attestate anche mediante la proficua partecipazione a corsi di formazione) e svolga una o più delle seguenti mansioni:
– attività di gestione di uno specifico settore o area istituti all’interno della Farmacia dei Servizi (ad esempio telemedicina, diagnostica di prima istanza, etc.);
– responsabile del coordinamento dei servizi nelle Farmacie organizzate per svolgere pluralità di servizi.
- Area Q3: farmacista collaboratore dopo 24 mesi di servizio nella qualifica.
La categoria Impiegati è suddivisa in sei livelli:
Primo livello: farmacista Collaboratore.
Secondo livello: lavoratori di concetto che svolgono compiti operativamente autonomi e/o con funzioni di coordinamento e controllo di altri lavoratori, ovvero:
– contabile con mansioni di concetto;
– corrispondente con mansioni di concetto;
– magazziniere consegnatario con responsabilità tecnica ed amministrativa del magazzino, inteso come reparto della farmacia autonomo per gestione e struttura.
Terzo livello: lavoratori che esplicano funzioni di concetto che comportano particolari conoscenze tecniche ed adeguata esperienza, ovvero coadiutori di farmacia, che svolgono funzioni di raccordo tra il personale di concetto e d’ordine ed hanno la responsabilità di conduzione autonoma, ivi compresi i relativi adempimenti amministrativi, di particolari autonomi reparti di vendita di prodotti parafarmaceutici.
Quarto livello: lavoratori che eseguono compiti operativi anche di vendita e relative operazioni complementari, nonché i lavoratori adibiti a lavori che richiedono specifiche conoscenze tecniche e particolari capacità tecnico-pratiche comunque acquisite, ovvero:
– addetto di laboratorio;
– cassiere con mansioni d’ordine;
– commesso d’ordine anche con funzioni di vendita (escluso quanto previsto dal T.U.LL.SS. n. 1265/1934);
– contabile d’ordine;
– magazziniere.
Quinto livello: lavoratori che compiono lavori qualificati per la cui esecuzione sono richieste normali conoscenze ed adeguate capacità tecnico-pratiche comunque conseguite ed ai quali possono essere affidati anche compiti operativi complementari alla propria qualifica, ovvero:
– conducente di automezzi;
– fattorino interno ed esterno.
Sesto livello: lavoratori che svolgono lavori di pulizia ed operazioni semplici che richiedono solo elementari capacità pratiche, ovvero:
– addetto alle pulizie;
– personale di fatica.
3. Periodo di prova, orario di lavoro, ferie
Il CCNL farmacie private prevede, all’art. 7, un periodo di prova della seguente durata:
- Quadri (Aree Q1 – Q2 – Q3): 90 giorni di calendario;
- Primo livello: 90 giorni di calendario;
- Secondo livello: 60 giorni di calendario;
- Terzo e quarto livello: 45 giorni di calendario;
- Quinto e sesto livello: 15 giorni di calendario.
Nel contratto di lavoro a tempo determinato, la durata del patto di prova è commisurata assumendo i periodi di cui sopra come riferiti all’anno e comunque con una durata minima di 5 giorni di calendario. In caso di rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro può essere interrotto da entrambe le parti senza preavviso, con la corresponsione delle indennità previste per la risoluzione del rapporto di lavoro. Trascorso il periodo di prova senza che nessuna delle parti abbia dato regolare disdetta, l’assunzione del lavoratore si intende confermata, e il periodo di prova viene computato nell’anzianità di servizio.
Ai sensi dell’art. 16 CCNL, l’orario normale di lavoro è di 40 ore settimanali, di norma distribuite su 5 giorni e mezzo, solo mediante la concessione di mezze giornate di riposo da godersi nella settimana successiva o, comunque, anche cumulativamente, entro l’arco del mese, tenendo conto delle necessità organizzative e del servizio della farmacia e delle esigenze del lavoratore stesso.
La durata normale dell’orario di lavoro può essere anche riferita alla durata media delle prestazioni lavorative rese in un periodo non superiore all’anno per un massimo di 16 settimane nel corso di ciascun anno di riferimento. L’orario settimanale non può, comunque, superare le 46 ore settimanali. I lavoratori interessati percepiranno la retribuzione relativa all’orario settimanale contrattuale, sia nei periodi di superamento che in quelli di corrispondente riduzione dell’orario contrattuale.
Ai sensi dell’art. 4, quarto comma, D.lgs. n. 66/2003, la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore medie, comprese le ore di lavoro straordinario, calcolate con riferimento ad un periodo di 12 mesi.
In sede di contrattazione integrativa possono essere concordate forme diverse di flessibilità degli orari settimanali. Inoltre, una diversa distribuzione dell’orario settimanale di lavoro può essere definita a livello regionale in presenza di particolari regimi di orari di apertura e chiusura delle farmacie nel territorio.
L’art. 14 CCNL consente di prevedere un rapporto di lavoro a tempo parziale, ovvero con orario ridotto rispetto a quello ordinario. In tal caso, il trattamento economico del personale è riproporzionato sulla base del rapporto tra orario ridotto ed il corrispondente orario ordinario previsto per il personale a tempo pieno.
Ai sensi dell’art. 15 CCNL, è possibile chiedere al lavoratore a tempo parziale di svolgere lavoro supplementare, fino alla misura massima stabilita per il tempo pieno, per esigenze di incremento dell’attività di lavoro determinata da ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo. La percentuale di maggiorazione sulla singola ora di lavoro supplementare è pari al 25% della quota oraria della normale retribuzione.
In caso di superamento di tale limite, deve essere riconosciuto al lavoratore un riposo compensativo pari alle ore di lavoro svolte oltre il tetto massimo e, sempre per tali ore, una maggiorazione pari al 30% della quota oraria della retribuzione.
Le ore di lavoro supplementare svolte nelle giornate festive (compresa la domenica) o durante il servizio notturno sono compensate con le sole maggiorazioni, rispettivamente, del 30% e del 40%., calcolate sulla quota oraria della retribuzione.
Il datore di lavoro può aumentare la durata della prestazione lavorativa nei rapporti di lavoro a tempo parziale, nonché modificare la collocazione temporale della stessa, per esigenze di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo, nella misura massima di 35 ore settimanali, con richiesta scritta al lavoratore da inoltrarsi con preavviso minimo di due giorni lavorativi. In tal caso, per le ore oggetto di variazione o di incremento, il lavoratore ha diritto di percepire una maggiorazione pari al 10% della quota oraria della retribuzione per i primi quattro mesi successivi ad ogni intervenuto incremento o variazione.
Il rifiuto da parte del lavoratore di aderire alla richiesta di aumento della prestazione lavorativa o di modifica temporale non costituisce infrazione disciplinare e non può essere motivo di licenziamento. In ogni caso, il lavoratore a tempo parziale può recedere a fronte della necessità derivante dalla esecuzione della prestazione prevista da un diverso rapporto di lavoro a tempo parziale, dalla inabilità totale del coniuge o del convivente di fatto o in tutte le altre ipotesi previste dalla legge.
Il lavoratore a tempo parziale, che ne faccia espressa richiesta in forma scritta, ha diritto ad essere preferito nelle nuove assunzioni a tempo pieno che il datore di lavoro intenda effettuare per le stesse ed identiche mansioni.
L’art. 28 CCNL stabilisce che i lavoratori hanno diritto ad un periodo di 26 giorni di ferie annuali. Indipendentemente dalla distribuzione settimanale dell’orario di lavoro, al fine del computo delle ferie, la settimana viene considerata di sei giorni lavorativi, dal lunedì al sabato compreso. Dal computo sono escluse le domeniche e le festività nazionali e infrasettimanali.
4. Lavoro straordinario e notturno
L’art. 17 CCNL consente al datore di lavoro di richiedere, in casi eccezionali, prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro (lavoro straordinario). Il lavoratore può esimersi dall’effettuare il lavoro straordinario solo per giustificati motivi, e non può compiere lavoro straordinario se non autorizzato dal datore di lavoro.
Ai sensi dell’art. 18 CCNL, le ore di lavoro straordinario sono retribuite con la quota oraria della retribuzione di fatto (su cui ci soffermeremo in seguito: v. par. 5), con le seguenti maggiorazioni, da calcolare sulla quota oraria della normale retribuzione e non cumulabili tra loro:
- 20% per le prestazioni di lavoro eccedenti la 40° ora settimanale;
- 30% per le ore di lavoro straordinario prestate nei giorni festivi;
- 40% per le ore di lavoro straordinario notturne, cioè, effettuate dalle ore 22 alle 6 del mattino, sempre che non si tratti di regolari turni di servizio.
Ai sensi dell’art. 19 CCNL, è considerato servizio notturno quello prestato tra l’ora di chiusura serale e l’ora di apertura mattutina della farmacia, fissate dalla Autorità competente (generalmente il Comune). Esso può essere espletato sia volontariamente che per turno, cioè a rotazione tra le farmacie dello stesso Comune.
L’art. 21 CCNL prevede che il servizio notturno deve essere compensato con le seguenti maggiorazioni rispetto alla normale retribuzione:
- Servizio a porte/battenti aperti ininterrottamente per l’intero orario notturno (compreso quindi tra l’ora di chiusura serale e quella di apertura mattutina):
- maggiorazione del 20% calcolata sulla quota oraria della retribuzione normale per le prime 8 ore di servizio;
- quota oraria della retribuzione di fatto maggiorata del 20% calcolata sulla quota oraria della normale retribuzione per le ore di servizio oltre tale limite.
- Servizio a porte/battenti chiusi per tutto il periodo notturno, con presenza del personale in farmacia e con l’obbligo di rispondere ad ogni singola chiamata:
- maggiorazione del 16% calcolata sulla quota oraria della retribuzione normale, per le prime otto ore di servizio;
- quota oraria della retribuzione di fatto, maggiorata del 10% calcolata sulla quota oraria della normale retribuzione per le ore di servizio oltre tale limite.
- Servizio misto, cioè a porte/battenti aperti fino a un certo orario e a porte/battenti chiusi per le ore successive, sempre con l’obbligo della permanenza in farmacia nel periodo di chiusura per rispondere (nella fascia oraria in cui il servizio è a battenti chiusi) a ogni chiamata:
- per le ore in cui la farmacia funziona a porte aperte, come per il Servizio a porte/battenti aperti ininterrottamente durante le ore notturne;
- per le ore in cui la farmacia funziona a porte/battenti chiusi, come per il Servizio a porte/battenti chiusi per tutto il periodo notturno, con presenza del personale in farmacia e con l’obbligo di rispondere ad ogni singola chiamata.
Nel caso in cui il servizio notturno coincida con la domenica, restano invariate le maggiorazioni di cui sopra ed il lavoratore ha diritto al riposo compensativo secondo le vigenti disposizioni di legge. In caso di coincidenza totale o parziale del servizio notturno con una delle festività infrasettimanali, le ore di servizio notturno effettuate durante le festività infrasettimanali vengono compensate con la quota oraria della retribuzione di fatto con la maggiorazione del 30% da calcolarsi sulla quota oraria della normale retribuzione. È comunque escluso ogni cumulo tra le diverse maggiorazioni.
In conformità a quanto previsto dall’art. 13, primo comma, del D.lgs. n. 66/2003, l’orario di lavoro dei lavoratori notturni è di otto ore medie giornaliere, distribuite nell’arco di un periodo di riferimento di 12 mesi.
Ai sensi dell’art. 22 CCNL, al lavoratore spetta un riposo settimanale di 24 ore consecutive da fruire, normalmente, in coincidenza con la domenica. Quando nella giornata della domenica o nella giornata stabilita per il riposo settimanale la farmacia deve rimanere aperta al pubblico per turno stabilito dalle Autorità, il lavoratore è tenuto, se richiesto, a prestare normale servizio e ha diritto di godere del riposo compensativo in altra giornata della settimana per 24 ore consecutive.
5. Il trattamento economico
Ai sensi dell’art. 54 CCNL, la normale retribuzione del lavoratore è costituita dalle seguenti voci:
- retribuzione base nazionale conglobata (si veda la Tabella A);
- indennità di contingenza successiva al 31 gennaio 1977, nelle misure previste per il settore del commercio;
- eventuali scatti di anzianità per gli aventi diritto ai sensi dell’art. 53 del CCNL (il quale prevede che il lavoratore ha diritto a 15 scatti biennali, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si compie il biennio di anzianità);
- indennità speciale quadri (ISQ: Tabella B); tale indennità spetta al farmacista Direttore di farmacia inquadrato nell’Area Q1 ed al farmacista collaboratore inquadrato nell’Area Q2 o nell’Area Q3, in ragione della professionalità e delle responsabilità connesse;
- l’elemento distinto della retribuzione (E.D.R.) di € 10,33, di cui all’accordo sul costo del lavoro del 31 luglio 1992 da corrispondersi per 13 mensilità.
Ai sensi dell’art. 55 CCNL, la retribuzione di fatto è costituita dalle voci di cui sopra, nonché da tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo, ad esclusione dei rimborsi di spese, dei compensi per lavoro straordinario, delle gratificazioni straordinarie o una tantum, e di ogni elemento escluso dall’imponibile retributivo a norma di legge.
La quota oraria di retribuzione, sia normale che di fatto, si ottiene dividendo l’importo mensile per il divisore convenzionale 173 per il personale la cui durata normale di lavoro è di 40 ore settimanali, mentre la quota giornaliera della retribuzione, sia normale che di fatto, si ottiene dividendo l’importo mensile per il divisore convenzionale 26, fatto salvo quanto previsto dall’art. 44, 2° comma CCNL in caso di infortunio sul lavoro.
Al farmacista Collaboratore che sostituisca il titolare di farmacia nei casi e con le modalità di cui all’art. 11 L. n. 475/1968, D.P.R. n. 1275/1971 e D.lgs. n. 267/2000, spetta, in aggiunta alla normale retribuzione, una indennità di funzione pari alla differenza retributiva tra l’Area Q1 ed il primo livello.
In caso di servizio notturno con reperibilità fuori farmacia, al lavoratore che, dopo aver prestato normale servizio diurno abbia l’obbligo della reperibilità nelle ore di chiusura della farmacia, spetta un compenso pari al 10% della retribuzione di fatto mensile, oltre un diritto fisso per ogni chiamata pari all’importo stabilito dalla Tariffa Nazionale. Per periodi di reperibilità inferiori al mese, la percentuale del 10% della retribuzione di fatto mensile da calcolare sulla quota oraria è elevata al 12% se il servizio notturno con reperibilità fuori farmacia viene svolto nella giornata della domenica o in quella del riposo settimanale.
Il lavoratore il quale presti servizio nella giornata della domenica o nella giornata stabilita per il riposo settimanale in cui la farmacia deve rimanere aperta al pubblico per turno stabilito dalle Autorità, ha diritto a percepire un compenso pari al 13% di un 173° della normale retribuzione mensile per ogni ora di lavoro prestata, entro il limite di otto. Nel caso di coincidenza di una delle festività di cui sopra con la domenica, in aggiunta alla retribuzione di fatto è corrisposto al lavoratore un ulteriore importo pari alla retribuzione di fatto giornaliera.
Ai sensi dell’art. 59 CCNL, in caso di aumenti di tabelle gli aumenti di merito concessi dalle aziende – ovvero gli assegni corrisposti con riferimento alle attitudini e al rendimento del lavoratore – nonché gli aumenti derivanti da scatti di anzianità, non possono essere assorbiti. Gli aumenti non di merito e non derivanti da scatti di anzianità, erogati dalle aziende indipendentemente dai contratti collettivi stipulati in sede sindacale, possono essere assorbiti in tutto o in parte in caso di aumento di tabella, solo se l’assorbimento sia stato previsto da accordi sindacali oppure espressamente stabilito per iscritto all’atto della concessione.
Non possono essere assorbiti gli aumenti corrisposti collettivamente e unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto, nonché nel corso di un periodo 25 massimo di nove mesi immediatamente successivi a tale scadenza; tale periodo massimo di nove mesi viene comunque interrotto, e ridotto di conseguenza, dalla stipulazione dell’accordo di rinnovo del presente contratto.
Ai sensi dell’art. 62 CCNL, alla Vigilia di Natale di ogni anno le farmacie devono corrispondere al personale dipendente un importo pari ad una mensilità della retribuzione di fatto. Nel caso di inizio o di cessazione del rapporto di lavoro durante il corso dell’anno, il lavoratore ha diritto a tanti dodicesimi dell’ammontare della tredicesima mensilità per quanti sono i mesi di servizio prestati nella farmacia. Ai lavoratori retribuiti in tutto o in parte con provvigioni o percentuali, il calcolo dell’importo della tredicesima mensilità dovrà essere effettuato sulla base della media delle provvigioni o delle percentuali maturate nell’anno corrente o comunque nel periodo di minor servizio prestato presso la farmacia.
Spetta altresì al lavoratore, ai sensi dell’art. 63 CCNL, il 1° luglio di ogni anno, un importo pari ad una mensilità della retribuzione di fatto al 30 giugno immediatamente precedente (quattordicesima mensilità). I lavoratori hanno diritto a percepire l’intero ammontare della quattordicesima mensilità solo nel caso in cui abbiano prestato servizio per i dodici mesi precedenti il 1° luglio; nel caso di inizio o cessazione del rapporto di lavoro nel corso dei dodici mesi precedenti la suddetta data, al lavoratore sono corrisposti tanti dodicesimi per quanti sono i mesi di servizio prestato. Nei confronti dei lavoratori retribuiti in tutto o in parte con provvigioni o percentuali, il calcolo dell’importo della quattordicesima mensilità viene effettuato sulla base della media degli elementi fissi e variabili della retribuzione percepiti nei dodici mesi precedenti alla maturazione del diritto.
Con riferimento all’attività di vaccinazione affidate dal Piano Nazionale ai farmacisti per il contrasto al Covid19, al fine di incentivare il personale dipendente, si prevede, in via sperimentale, il riconoscimento di un compenso aggiuntivo non inferiore a 2,00 euro lordi, per ciascuna vaccinazione effettuata dal farmacista; quest’ultimo può, in alternativa, optare per un compenso forfettario annuale nella misura di 200,00 euro lordi.
TABELLA A – RETRIBUZIONI DELLE FARMACIE URBANE (dall’1.12.2012)
LIVELLI | PAGA BASE | CONTINGENZA | E.D.R. | I.S.Q. | TOTALE | Parametro aumento (escl. € 70 Area Q2) |
Area Q1 |
1.579,00 | 536,07 | 10,33 | 130,00 | 2.345,37 | 112,46 |
Area Q2 + 12 anni | 1.349,19 | 530,45 | 10,33 | 130,00 | 2.169,97 | 100,00 |
Area Q2 + 2 anni | 1.349,19 | 530,45 | 10,33 | 100,00 | 2.139,97 | 100,00 |
Area Q3 + 12 anni | 1.349,19 | 530,45 | 10,33 | 130,00 | 2.099,97 | 100,00 |
Area Q3 + 2 anni | 1.349,19 | 530,45 | 10,33 | 100,00 | 2.069,97 | 100,00 |
1° | 1.349,19 | 530,45 | 10,33 | 1.969,97 | 100,00 | |
2° | 1.144,94 | 521,63 | 10,33 | 1.747,88 | 88,73 | |
3° | 1.062,78 | 519,00 | 10,33 | 1.659,50 | 84,24 | |
4° | 954,37 | 515,40 | 10,33 | 1.542,75 | 78,31 | |
5° | 841,25 | 512,07 | 10,33 | 1.421,37 | 72,15 | |
6° | 753,91 | 509,11 | 10,33 | 1.327,25 | 67,37 |
TABELLA B – INDENNITA’ SPECIALE QUADRI (I.S.Q.)
Categoria Quadri | Indennità Speciale Quadri – I.S.Q. |
Q1 | € 130,00 |
Q2 + 12 anni (*) | € 130,00 |
Q2 + 2 anni (*) | € 100,00 |
Q3 + 12 anni (*) | € 130,00 |
Q3 + 2 anni (*) | € 100,00 |
(*) Anzianità complessiva maturata nel Livello 1° e nell’Area Q
6. Obblighi del lavoratore e provvedimenti disciplinari
Ai sensi dell’art. 82 CCNL, il lavoratore è tenuto al rispetto dei seguenti obblighi:
- osservare scrupolosamente i suoi doveri legati all’attività svolta in farmacia;
- osservare l’obbligo di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. (ovvero, l’obbligo di non trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con la farmacia, di non divulgare notizie attinenti all’organizzazione della farmacia, o utilizzarle in modo da arrecare pregiudizio a quest’ultima);
- usare modi cortesi col pubblico e tenere una condotta uniforme ai civici doveri;
- conservare diligentemente le merci e i materiali;
- cooperare alla prosperità della farmacia.
L’art. 83 CCNL vieta al personale di ritornare nei locali della farmacia, di trattenersi oltre l’orario prescritto (se non per ragioni di servizio e con l’autorizzazione del titolare) e di allontanarsi dal servizio durante l’orario (se non con autorizzazione esplicita del datore di lavoro, il quale, in tal caso, può chiedere il recupero delle ore di assenza con altrettante ore di lavoro normale nella misura massima di un’ora al giorno e senza diritto ad alcuna maggiorazione). La medesima norma vieta altresì al datore di lavoro di trattenere il personale oltre l’orario normale, salvo nel caso di prestazioni di lavoro straordinario.
L’art. 84 CCNL prevede che, in caso di ritardi nell’orario di lavoro, il titolare della farmacia può operare una trattenuta sulla retribuzione pari all’importo delle spettanze corrispondenti al ritardo, maggiorato di una multa pari all’ammontare della trattenuta. In caso di recidiva nel ritardo per la terza volta nell’anno solare, il titolare può raddoppiare l’importo della multa. Ulteriori ritardi legittimano il datore di lavoro ad adottare provvedimenti disciplinari più severi e, dopo formale diffida per iscritto, anche il licenziamento senza preavviso (v. par. 7).
Ai sensi dell’art. 85 CCNL, il personale deve comunicare immediatamente al titolare della farmacia ogni mutamento della propria dimora, sia durante il servizio che durante i congedi, e deve altresì rispettare ogni altra disposizione emanata dal titolare per regolare il servizio interno, purché rientrante nelle normali attribuzioni del lavoratore. Tali norme devono essere rese note al personale, mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
Ai sensi dell’art. 86 CCNL, fermo restando quanto previsto per le assenze ingiustificate e per i ritardi, in caso di inosservanza dei doveri da parte del personale il datore di lavoro può assumere i seguenti provvedimenti, graduati a seconda all’entità delle mancanze e alle circostanze che le accompagnano:
- richiamo verbale, per le mancanze più lievi;
- richiamo scritto, nei casi di recidiva;
- multa non eccedente l’importo di 4 ore della normale retribuzione;
- sospensione della retribuzione e dal servizio per un massimo di giorni 10;
- licenziamento disciplinare senza preavviso (licenziamento in tronco), per le mancanze più gravi (v. par. 8).
Ai sensi dell’art. 7 della L. n. 300/1970, il datore di lavoro, prima di assumere un provvedimento disciplinare, deve, in sintesi:
- dare pubblicità al codice disciplinare applicato in farmacia, tramite affissione negli spazi comuni frequentati dai dipendenti;
- contestare preventivamente, specificamente per iscritto, gli addebiti rivolti al lavoratore;
- assegnare al lavoratore un termine, non inferiore ai cinque giorni dalla ricezione della contestazione, per far pervenire le proprie giustificazioni scritte;
- comunicare tempestivamente al lavoratore la sanzione disciplinare, scegliendo la sanzione più proporzionata agli addebiti rivolti, tenendo conto anche di eventuali precedenti sanzioni disciplinari comminate al lavoratore nei precedenti due anni.
L’art. 88 CCNL dispone che il dipendente, il quale sia privato della libertà o sospeso dall’esercizio della professione personale in conseguenza di un procedimento penale, viene sospeso dal servizio e dalla retribuzione e ogni altro emolumento e compenso fino al giudicato definitivo. In caso di procedimento penale per reato non colposo, qualora il lavoratore abbia ottenuto la libertà provvisoria, il datore di lavoro ha facoltà di sospenderlo dal servizio e dalla retribuzione e ogni altro emolumento o compenso. Dopo il giudicato definitivo, il datore di lavoro decide sull’eventuale riammissione in servizio, fermo restando che comunque il periodo di sospensione non sarà computato agli effetti dell’anzianità del lavoratore.
Nell’ipotesi di sentenza definitiva di assoluzione con formula piena, il lavoratore ha diritto in ogni caso alla riammissione in servizio. In caso di condanna per delitto non colposo commesso fuori della farmacia, al lavoratore che non sia riammesso in servizio spetta il trattamento di fine rapporto (v. par. 9 [link]). Il rapporto di lavoro è invece risolto di pieno diritto e con gli effetti del licenziamento in tronco, qualora la condanna sia motivata da reato commesso nei riguardi del datore di lavoro o in servizio.
7. La risoluzione del rapporto di lavoro: a) il licenziamento
Ai sensi dell’art. 64 CCNL. sia datore di lavoro che lavoratore possono recedere, a norma degli artt. 2118 e 2119 c.c., dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato con preavviso scritto, nei termini previsti dall’art. 73 CCNL (v. par. 8) salvo quanto previsto dal successivo art. 66 CCNL in tema di licenziamento senza preavviso (su cui infra).
Il recesso prende il nome di licenziamento quando è esercitato da parte del datore di lavoro, di dimissioni quando è esercitato dal lavoratore.
Il datore di lavoro che intenda licenziare il lavoratore deve dunque concedere a quest’ultimo – salvo il caso di licenziamento in tronco (su cui infra)- un termine di preavviso – la cui durata è stabilita dal CCNL (v. par. 8 [link]) in ragione dell’anzianità di servizio e del livello di inquadramento – al fine di consentire al lavoratore licenziato di fruire di un periodo retribuito per reperire una nuova occupazione ovvero al datore di provvedere alla sostituzione del dimissionario, con differimento dell’effettiva estinzione del rapporto e delle connesse obbligazioni allo scadere del termine stesso.
Ai sensi dell’art. 69 CCNL, in caso di mancato preavviso, al lavoratore spetta una indennità equivalente all’importo della retribuzione globale in atto corrispondente al periodo di preavviso, comprensiva dei ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità.
In caso di licenziamento spetta inoltre al lavoratore il trattamento di fine rapporto (v. par. 9)
L’art. 2118 c.c. è stata integrato da numerosi interventi normativi (tra cui, in particolare, la L. n. 604/1966, la L. n. 300/1970, la L. n. 108/1990, la L. n. 92/2012 e, da ultimo, il D.lgs.n. 23/2015) volti a limitare il potere di recesso del datore di lavoro, con la previsione di un generale obbligo di giustificazione per l’esercizio di tale potere, con l’introduzione di rigorosi vincoli formali e procedimentali e con meccanismi di protezione del lavoratore in caso di violazioni da parte del datore di lavoro, differenziati in ragione della dimensione del datore di lavoro e della natura o gravità del vizio del licenziamento.
Il licenziamento può essere disposto esclusivamente per giusta causa (art. 2119 c.c.) o per giustificato motivo; quest’ultimo può essere a sua volta soggettivo o oggettivo.
La giusta causa del licenziamento consiste in un inadempimento così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto lavorativo, e da comportare quindi il licenziamento senza preavviso (in tronco). Tale fattispecie ricorre quando il lavoratore attui comportamenti idonei a ledere l’affidamento del datore di lavoro circa l’esattezza dei futuri adempimenti in relazione alle specifiche mansioni assegnate al lavoratore stesso.
Nel caso del licenziamento per giusta causa, il lavoratore, oltre a non avere diritto al preavviso, perde anche il diritto all’indennità di fine rapporto (v. par. 9).
In proposito, l’art. 86 CCNL prevede che il dipendente può essere licenziato senza preavviso per ragioni di moralità e di infedeltà verso la farmacia e nel caso di infrazione alle norme di legge che regolano il servizio farmaceutico.
Altre ipotesi di licenziamento in tronco previste dalla giurisprudenza concernono i casi in cui il lavoratore si renda responsabile di furto, violenza sul posto di lavoro, ripetuta assenza ingiustificata o mancata esecuzione dei compiti assegnati.
Recentemente, è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato nei confronti di un farmacista il quale si era rifiutato di servire al banco i clienti della farmacia e aveva deciso di restare nel retro del locale, con la motivazione che il titolare della farmacia stesse gestendo l’attività in modo non adeguato non ritenendo sufficienti le misure per il contenimento del virus Covid-19 nel luogo di lavoro. In tal caso, il lavoratore aveva anche espresso gravi critiche nei confronti del titolare in relazione all’adozione delle misure di sicurezza, minando così il rapporto fiduciario tra le parti.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo ricorre in caso di notevole inadempimento, da parte del lavoratore, degli obblighi contrattuali discendenti dal rapporto di lavoro. Deve trattarsi di una condotta la cui gravità è tale da non rendere sufficiente l’applicazione di sanzioni disciplinari di natura conservativa (v. par. 6), ma non tale, comunque, tale da impedire la prosecuzione temporanea del rapporto di lavoro; per tale motivo, in tal caso il lavoratore ha diritto ad un preavviso (v. par. 8). proporzionale alla durata del rapporto e ad un’indennità di fine rapporto calcolata sulla base dell’anzianità, come stabiliti dal CCNL (v. par. 9).
La giurisprudenza ha ricondotto a tale fattispecie l’abbandono del posto di lavoro, il rifiuto di eseguire la prestazione lavorativa, l’insubordinazione nei confronti del datore di lavoro e dei superiori, la condotta negligente del lavoratore, il suo scarso rendimento ovvero la violazione dei doveri di fedeltà, diligenza, riservatezza e obbedienza.
In tutti i casi di licenziamento disciplinare (cioè, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo), il datore di lavoro è tenuto ad attenersi alle disposizioni di cui all’art. 7 della L. n. 300/70 (v. par.8).
Il giustificato motivo oggettivo dipende invece da fattori oggettivi indipendenti dalla volontà del datore di lavoro, quali ad esempio la crisi aziendale o la ristrutturazione dell’azienda. La scelta organizzativa imprenditoriale alla base del giustificato motivo oggettivo non è sindacabile nel merito; sono tuttavia oggetto di verifica giudiziale l’effettività e la non pretestuosità della scelta organizzativa addotta dal datore di lavoro (ad es. la riorganizzazione di un reparto che comporti la soppressione di un posto), e il nesso di causalità tra la ragione addotta e il licenziamento di un determinato lavoratore.
In giurisprudenza, inoltre, è consolidato il principio secondo cui il licenziamento costituisce l’extrema ratio, per cui, pur in presenza di una scelta organizzava datoriale effettiva e non pretestuosa, il giustificato motivo oggettivo può configurarsi solo ove non sia possibile, in alternativa al licenziamento, adibire il lavoratore ad altre mansioni equivalenti ovvero, se il lavoratore vi consente, inferiori (c.d. obbligo di repȇchage). Anche le vicende personali del lavoratore costituiscono un giustificato motivo oggettivo, qualora incidano sul regolare funzionamento» dell’organizzazione del lavoro (ad es. in caso di sopravvenuta inidoneità fisica, perdita di titoli abilitanti, carcerazione preventiva).
Ai sensi dell’art. 2 L. n. 604/1966, il licenziamento deve essere comunicato in forma scritta e deve contenere anche la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento comminato senza il rispetto della forma scritta, ovvero senza la comunicazione dei motivi, è inefficace.
In caso di licenziamento ingiustificato, ovvero non sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo, sono previsti diversi rimedi a tutela del lavoratore.
In caso di piccole imprese, ovvero di lavoratori impiegati da datori di lavoro che occupano meno di 15 dipendenti (come nel caso della maggioranza delle farmacie), assunti dopo il 7 marzo 2015, è previsto il diritto a percepire un’indennità pari ad 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non superiore alle 6 mensilità ovvero, in caso di violazione della procedura di cui all’art. 7, legge n. 300/70, un’indennità pari a ½ mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio e, comunque, in misura non superiore alle 6 mensilità.
Per i lavoratori assunti prima di tale data sono invece applicabili le tutele di cui all’art. 8 L. n. 604/66 che prevede, in alternativa alla riassunzione, il diritto del lavoratore a percepire un’indennità di licenziamento di importo compreso tra le 2,5 e le 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La legge, infine, vieta, disponendone la nullità, i licenziamenti operati per motivi discriminatori, cioè determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali (art. 4, L. n. 604/1966), causati dalla affiliazione o attività sindacale ovvero alla sua partecipazione ad uno sciopero ovvero diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (art. 15, L. n. 300/1970), il licenziamento per causa di matrimonio (art. 35, D.lgs. n. 198/2006) e il licenziamento della lavoratrice madre o in violazione delle norme a sostegno della genitorialità (art. 54, D.lgs. n. 151/2001).
È altresì nullo il licenziamento per superamento del periodo di comporto, ossia del periodo in cui il lavoratore malato o infortunato ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, ai sensi dell’art. 2110 c.c. L’art. 47 CCNL fissa la durata massima di tale periodo in sei mesi; decorso tale periodo, il datore di lavoro ha diritto di recedere.
In questi casi, come nel caso di licenziamento inefficace perché intimato oralmente, il datore di lavoro è condannato alla reintegrazione del dipendente ed al pagamento di una indennità di licenziamento, non inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto (calcolata moltiplicando l’ultima retribuzione percepita dal dipendente per tredici o quattordici e dividendo il risultato per dodici). Il Giudice può detrarre dall’indennità di licenziamento quanto percepito dal dipendente, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.
Infine, ai sensi dell’art. 67 CCNL, Il licenziamento del lavoratore seguito da una nuova assunzione del medesimo presso la stessa farmacia deve considerarsi improduttivo di effetti giuridici quando sia rivolto alla violazione delle norme protettive dei diritti del lavoratore e sempre che sia provata la simulazione. Il licenziamento si presume comunque simulato – salvo prova del contrario – se la nuova assunzione venga effettuata entro un mese dal licenziamento.
8. La risoluzione del rapporto di lavoro: b) le dimissioni del lavoratore
Le dimissioni sono un atto unilaterale con cui il lavoratore decide di recedere dal rapporto di lavoro. Ai sensi dell’art. 2118 c.c., il lavoratore dimissionario è tenuto a comunicare le proprie dimissioni al datore di lavoro concedendo a quest’ultimo un periodo di preavviso, durante il quale il lavoratore deve continuare a lavorare per la farmacia.
La durata del periodo di preavviso è fissata dall’art. 73 CCNL come segue:
- Quadri (Aree Q1 – Q2 – Q3): 90 giorni di calendario;
- Primo livello: 90 giorni di calendario;
- Secondo livello: 60 giorni di calendario;
- Terzo e Quarto livello: 45 giorni di calendario;
- Quinto e Sesto livello: 15 giorni di calendario.
Tali termini decorrono dalla metà o dalla fine di ciascun mese. Durante il periodo di preavviso trascorso in servizio il prestatore di lavoro ha diritto a percepire la retribuzione di fatto ed il periodo di preavviso è considerato servizio a tutti gli effetti.
Ai sensi dell’art. 78 CCNL, la malattia o l’infortunio, insorti durante il periodo di preavviso in servizio, sospendono il decorso del termine fino alla scadenza del periodo di conservazione del posto e sino alla guarigione del lavoratore, se questa avvenga prima del compimento del predetto termine.
I lavoratori laureati che a seguito di vincita di pubblico concorso ad aprire ed esercitare una farmacia, o di pubblico concorso per incarichi presso le Unità Sanitarie Locali, o per l’esercizio della professione presso farmacie Comunali, Municipalizzate e Ospedaliere, che, in base ai termini previsti per l’assunzione del nuovo incarico, non siano in grado di rispettare i termini previsti dalla normativa contrattuale, o termini inferiori ma superiori ai 30 giorni, devono dare un preavviso la cui durata è ridotta da 90 a 30 giorni.
Tuttavia, avendo il preavviso un’efficacia meramente obbligatoria, il rapporto si risolve comunque con effetto immediato se la parte che esercita il recesso preferisce sostituire al preavviso una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore se avesse lavorato durante il periodo di preavviso (art. 2118, comma 2, c.c.); in tal caso, il lavoratore assunto a tempo indeterminato che intenda recedere con effetto immediato dal rapporto di lavoro è tenuto a versare l’indennità sostitutiva del preavviso al datore o comunque quest’ultimo potrà legittimamente trattenere la relativa somma dalle spettanze retributive del proprio ex dipendente.
Il lavoratore può dimettersi senza preavviso, qualora ricorra una giusta causa. Quest’ultima ricorre quando al datore di lavoro è ascrivibile un comportamento grave, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. In questi casi, il lavoratore non è tenuto a rispettare il periodo di preavviso e di conseguenza ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, oltre all’indennità di disoccupazione (ovvero una prestazione economica erogata dall’INPS ai lavoratori che perdono involontariamente il posto di lavoro).
Tra le più comuni ipotesi di dimissioni per giusta causa riconosciute dalla giurisprudenza figurano:
- un comportamento ingiustificato e grave del datore di lavoro, come ad esempio il mancato pagamento della retribuzione per alcuni mesi e/o un ingiustificato demansionamento;
- una modifica delle condizioni di lavoro che rendano impossibile o eccessivamente gravoso il proseguimento del rapporto (ad esempio lo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive).
In caso di dimissioni è inoltre corrisposto al lavoratore dimissionario il trattamento di fine rapporto, così come nel caso di licenziamento (v. par. 9).
9. La risoluzione del rapporto di lavoro: c) il trattamento di fine rapporto
In ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato, ivi comprese le dimissioni, il lavoratore ha diritto ad un trattamento di fine rapporto (TFR), che deve essere versato all’atto della cessazione dal servizio, dedotto quanto eventualmente dovuto dal dipendente.
Il TFR è determinato secondo le norme di cui alla L. n. 297/1982 e dell’art. 79 CCNL. In sintesi, si tratta di un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito ad un momento successivo rispetto a quello di prestazione dell’attività lavorativa, costituito dalla somma di accantonamenti annui di una quota di retribuzione rivalutata periodicamente.
Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5 (art. 2120 comma 1 c.c.).
In caso di sospensione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve considerarsi quale base per il calcolo del TFR da accantonare l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto stesso (art. 2120 comma 3 c.c.).
La quota di TFR accantonata deve essere incrementata al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 % in misura fissa e dal 75 % dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat (art. 2120 comma 4 c.c.)
L’art. 2120 coma 2 c.c. stabilisce che la retribuzione annua utile ai fini del calcolo del TFR comprende tutte le somme, incluso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese.
Secondo la prevalente giurisprudenza, che devono computarsi nella retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR tutti gli emolumenti aventi carattere continuativo, riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro, quali:
- il minimo contrattuale;
- l’indennità di contingenza;
- l’elemento distinto della retribuzione (E.D.R.);
- i superminimi;
- gli scatti di anzianità;
- le mensilità aggiuntive(tredicesima e quattordicesima);
- l’indennità sostitutiva del preavviso;
- la percentuale di servizio;
- i premi di rendimento, anche se non corrisposti tutti gli anni;
- l’indennità per il lavoro notturno;
- l’indennità sostitutiva di ferie e festività;
- i compensi percepiti per lavoro straordinario, tranne quelli erogati per prestazioni a carattere saltuario.
Sono esclusi dalla retribuzione da accantonare ai fini del TFR i compensi contraddistinti dall’occasionalità, ovvero quelli a carattere discontinuo. In proposito, l’art. 79 CCNL prevede che sono escluse dalla quota annua della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR le seguenti somme:
- rimborsi spese;
- somme concesse occasionalmente a titolo di una tantum;
- gratificazioni straordinarie non contrattuali e simili;
- compensi per lavoro straordinario e per lavoro festivo;
- corrispettivi e le maggiorazioni per servizio notturno del lavoratore laureato e non laureato sempre che non si tratti di servizio notturno permanente (tutte le notti);
- indennità sostitutiva del preavviso;
- indennità sostitutiva di ferie;
- indennità economiche corrisposte da istituti assistenziali (INPS, INAIL);
- prestazioni in natura, quando sia previsto un corrispettivo a carico del lavoratore.
L’art. 2120 c.c. prevede che il lavoratore possa chiedere, in costanza di rapporto, un’anticipazione del TFR, subordinatamente alle seguenti condizioni:
- il lavoratore deve avere maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro (art. 2120 comma 6 c.c.);
- l’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 70 % del trattamento spettante nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta (art. 2120 comma 6 c.c.);
- l’anticipazione deve essere altresì contenuta nei limiti del 10 % degli aventi titolo e, comunque, del 4 % del numero totale dei dipendenti (art. 2120 comma 7 c.c.);
- l’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro (art. 2120 comma 9 c.c., c. 9).
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
- spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche (art. 2120 comma 8 lett. a c.c.);
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (art. 2120 comma 8 lett. b c.c.);
- spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e per formazione del lavoratore (art. 5 D.Lgs. n. 151/2001 e art. 7 L. n. 53/2000).
L’importo anticipato deve essere portato in detrazione dal TFR spettante a fine rapporto (art. 2120 comma 9 c.c.).
10. Il contratto di lavoro a tempo determinato
Tra collaboratore e farmacia è altresì possibile instaurare un rapporto di lavoro a tempo determinato, in conformità a quanto previsto dagli artt. 19 e seg. del D.lgs. n. 81/2015.
La durata massima del contratto a tempo determinato è di dodici mesi; tale termine può essere prorogato fino alla durata complessiva massima di 24 mesi, soltanto quando la proroga sia sorretta da una delle seguenti causali:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività della farmacia, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori assenti che hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro (ad esempio lavoratori assenti per ferie, maternità, malattia, etc.);
- incrementi temporanei significativi e non programmabili dell’attività ordinaria della farmacia.
In mancanza di una delle causali di cui sopra, il contratto a termine di durata superiore ai 12 mesi viene automaticamente trasformato in contratto a tempo indeterminato dalla data di scadenza del dodicesimo mese. Nel calcolo dei 12 mesi si deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine eventualmente intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, escludendo periodi di interruzione.
Il contratto a tempo determinato è ammesso nel limite del 20% dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, considerando nel conteggio anche il dipendente con contratto part-time. Sono escluse dal rispetto di tale limite numerico le assunzioni di lavoratori di età superiore a 50 anni.
Possono inoltre superare il limite del 20%, le farmacie nella fase di avvio di nuove attività.
Il contratto a termine deve risultare da atto scritto, pena l’inefficacia del termine.
Il periodo di prova deve essere rapportato alla durata del contratto e in caso di rinnovo con le stesse mansioni, non può essere oggetto di un nuovo periodo di prova.
Due contratti a termine stipulati tra la stessa farmacia e lo stesso lavoratore devono essere obbligatoriamente interrotti:
- per almeno 10 giorni se il contratto è inferiore a sei mesi;
- per almeno 20 giorni, se il contratto supera i sei mesi.
Il mancato rispetto dell’interruzione comporta anche in questo caso la trasformazione in contratto a tempo indeterminato dalla data di inizio del secondo contratto.
Il contratto a termine può essere prorogato per un massimo di quattro volte. Il lavoratore assunto con contratto a termine, che abbia prestato la propria attività per più di sei mesi, ha diritto di precedenza nelle eventuali assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate nei successivi 12 mesi.
Infine, il contratto a tempo determinato non è consentito ai datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
11. Il contratto di lavoro in somministrazione
Il contratto di somministrazione di manodopera, disciplinato dagli artt. 13 e ss. del D.lgs. n. 81/2015 – che hanno sostituito la previgente disciplina di cui al D.lgs. n. 276/2003 – permette alla farmacia (utilizzatore) di rivolgersi ad un’agenzia (somministratore), registrata presso un apposito albo delle agenzie per il lavoro presso il Ministero del Lavoro, per utilizzare il lavoro di personale non assunto direttamente, ma dipendente del somministratore.
Si tratta quindi di un rapporto caratterizzato dalla presenza di due contratti:
- un contratto di somministrazione, stipulato tra l’utilizzatore (farmacia) e il somministratore (agenzia);
- un contratto di lavoro subordinato, stipulato tra il somministratore (agenzia) e il lavoratore, che può essere a sua volta a tempo determinato o indeterminato.
La possibilità di attivare rapporti di somministrazione è soggetta a precisi limiti numerici, correlati al numero di lavoratori assunti a tempo indeterminato presso la farmacia al 1° gennaio dell’anno di stipula degli stessi, ovvero:
- 20%per la somministrazione a tempo indeterminato;
- 30%per la somministrazione a tempo determinato.
Sono esenti da tali limiti i contratti stipulati con disoccupati percettori di trattamenti di sostegno del reddito o con lavoratori svantaggiati.
È vietato l’utilizzo del contratto di somministrazione:
- per sostituire lavoratori in sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni (salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi);
- presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;
- da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Il contratto di somministrazione di lavoro deve essere stipulato in forma scritta; in mancanza, il contratto è nullo ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Il contratto deve contenere specifici elementi essenziali:
- estremi dell’autorizzazione dell’agenzia;
- numero dei lavoratori;
- rischi per la salute e sicurezza;
- data di inizio;
- durata;
- mansioni e inquadramento;
- luogo e orario di lavoro;
- trattamento economico e normativo dei lavoratori interessati.
È nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine della sua missione, fatta salva l’ipotesi in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal CCNL.
Le Agenzie per il lavoro sono tenute a comunicare mensilmente al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede operativa, l’assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei lavoratori assunti nel corso del mese precedente. La farmacia è tenuta a comunicare ogni 12 mesi alle RSA ovvero alla RSU (o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) il numero e la durata dei contratti di somministrazione, e il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.
I lavoratori somministrati hanno diritto alla parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori dipendenti della farmacia di pari livello. Il potere disciplinare sui lavoratori è in capo al somministratore, che lo esercita sulla base delle informazioni ricevute dall’utilizzatore, ai sensi dell’art. 7 L. n. 300/1970. Il somministratore ha anche in carico gli oneri contributivi e assicurativi, per i quali l’utilizzatore è obbligato solidalmente.
Il rapporto di lavoro tra agenzia di somministrazione e lavoratore può essere a tempo indeterminato (c.d. staff leasing), o a tempo determinato.
Nel primo caso, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Nel contratto di lavoro è determinata l’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali egli rimane in attesa di essere inviato in missione, nella misura prevista dal CCNL e comunque non inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Nel secondo caso, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del lavoro a tempo determinato (v. sopra), con esclusione delle disposizioni concernenti l’intervallo minimo tra un contratto e l’altro, il numero complessivo di contratti a tempo determinato e il diritto di precedenza.
In caso di contratto di durata superiore ai 12 mesi, deve essere specificata la causale addotta dalla farmacia per l’utilizzo del lavoro in somministrazione, la quale può essere:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Nel caso in cui venga concluso un contratto di durata superiore a un anno in assenza di queste condizioni, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dal superamento del termine di dodici mesi. Nel calcolo della durata massima di 24 mesi, devono essere tenuti in considerazione anche i contratti intercorsi tra le stesse parti, comprensivi di proroghe e rinnovi, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione. Pertanto, il contratto si considera a tempo indeterminato anche nel caso in cui il termine di 24 mesi venga superato a causa di una successione di contratti.
Un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto di questa procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.
Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere prorogato solo con il consenso del lavoratore, per un massimo di quattro volte, entro il limite di 24 mesi. Inoltre, la proroga può essere pattuita liberamente solo durante i primi 12 mesi, mentre successivamente devono essere obbligatoriamente indicate le causali giustificative di cui sopra. Se viene prorogato più di quattro volte, il contratto si considera a tempo indeterminato a partire dalla quinta proroga; la stessa sanzione si applica nel caso in cui, decorsi dodici mesi, il contratto venga prorogato senza indicare la causale giustificativa (in questa ipotesi è irrilevante il numero della proroga).
Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto, la farmacia deve darne immediata comunicazione scritta al somministratore, consegnandone copia al lavoratore. Ove non abbia adempiuto all’obbligo di informazione, la farmacia risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore occupato in mansioni superiori e per l’eventuale risarcimento del danno derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori.
Il somministratore deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e addestrarli all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie, in conformità a quanto previsto dal D.lgs. n. 81/2008. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso ne deve essere fatta indicazione nel contratto con il lavoratore.
La farmacia deve osservare nei confronti del prestatore tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza.
Qualora la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui sopra, il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.
Nel caso di somministrazione irregolare, tutti i pagamenti e gli atti compiuti dal somministratore nella costituzione e gestione del rapporto si considerano compiuti dall’utilizzatore. Inoltre, il datore di lavoro può essere condannato al risarcimento del danno in favore del lavoratore, nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione.
Infine, quando la somministrazione di lavoro è realizzata con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicata al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.
12. L’apprendistato
L’apprendistato, disciplinato dal D.lgs. n. 81/2015 e dagli artt. 11 e ss. CCNL, è un contratto di lavoro subordinato finalizzato alla formazione e all’occupazione di soggetti di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni.
La farmacia che assume con contratto di apprendistato può beneficiare delle seguenti agevolazioni:
- possibilità di inquadrare l’apprendista ai fini retributivi fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in base al CCNL;
- esclusione dell’apprendista dal computo dei limiti numerici del personale previsti per l’applicazione di particolari normative (ad es. non sono computabili nella base di calcolo per le assunzioni obbligatorie dei disabili, ai fini dei licenziamenti, etc.);
- esclusione dell’apprendista dal computo della base imponibile IRAP;
- aliquote ridotte a carico dei datori di lavoro e dell’apprendista.
A fronte di tali cospicue agevolazioni, la farmacia ha l’obbligo di erogare all’apprendista la formazione utile allo sviluppo di specifiche competenze professionali e personali che consentano il conseguimento della qualificazione prevista dal contratto.
Agli apprendisti sono riconosciute tutte le tutele (salariali, previdenziali e di disoccupazione) di cui godono gli altri lavoratori dipendenti, mentre la retribuzione in busta paga è calcolata sulla base dei CCNL con riferimento alla tipologia di contratto di apprendistato, alla qualifica da conseguire e al livello di inquadramento.
Il numero massimo di apprendisti assunti non può superare il 100% del personale qualificato o specializzato nella farmacia, fatta eccezione del caso in cui la farmacia non abbia dipendenti qualificati o specializzati o ne abbia meno di tre; in tal caso il datore di lavoro può assumere fino a tre apprendisti.
Ai sensi dell’art 11 CCNL, la durata massima del rapporto formativo per i livelli professionali soggetti all’apprendistato (II, III e IV livello) è di 36 mesi. La regolamentazione dei profili formativi e del monte ore di formazione dell’apprendista è prevista dalle leggi regionali o dall’Ente Bilaterale Nazionale Farmacie Private (EBIFARM).
La formazione, interna o esterna alla farmacia, deve avere durata di almeno 120 ore all’anno e deve essere registrata nel libretto formativo. Essa è finalizzata a conferire all’apprendista le competenze di base, trasversali e tecnico professionali necessarie per l’acquisizione di adeguata capacità professionale, in coerenza con il profilo dell’apprendista. I contenuti della formazione a carattere trasversale comprendono l’acquisizione di conoscenze relative alla prevenzione ambientale e infortunistica, alla disciplina del rapporto di lavoro e all’organizzazione del lavoro.
Al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere dal contratto, ai sensi dell’art. 2118 c.c., con preavviso decorrente dal medesimo termine. Se nessuna delle parti recede, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’art. 12 CCNL prevede uno speciale contratto di lavoro per lo sviluppo e la qualificazione professionale del farmacista collaboratore, stabilendo la durata massima del rapporto formativo per il farmacista Collaboratore inquadrato al Primo livello è fissata in 36 mesi. La retribuzione ed il trattamento normativo, anche con riferimento alla malattia, sono gli stessi previsti dal CCNL per il farmacista collaboratore inquadrato nel Primo livello.
Se il titolare di farmacia non conferma in servizio, alla scadenza del periodo dei due anni, il 90% dei farmacisti collaboratori assunti con tale contratto, non può procedere, per dodici mesi successivi, ad altre assunzioni con la medesima tipologia contrattuale. Ai fini del computo della percentuale del 90%, non si tiene conto dei farmacisti collaboratori dimissionari, di quelli i cui contratti di lavoro siano stati risolti durante il periodo di prova, dei farmacisti collaboratori licenziati per giusta causa o giustificato motivo.
La formazione, interna o esterna alla farmacia, deve essere di almeno 120 ore per anno ed è finalizzata a conferire all’apprendista le competenze di base, trasversali e tecnico professionali necessarie per l’acquisizione di adeguata capacità professionale, in coerenza con il profilo dell’apprendista. I contenuti della formazione a carattere trasversale comprendono l’acquisizione di conoscenze relative alla prevenzione ambientale e infortunistica, alla disciplina del rapporto di lavoro e all’organizzazione del lavoro.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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