La vaccinazione in farmacia: quali regole?
I vaccini sono medicinali biologici, che hanno lo scopo di prevenire una o più malattie infettive attraverso la stimolazione del sistema immunitario. Come tutti i farmaci, i vaccini presentano rischi di insorgenza di eventi avversi. Per questo motivo, il Ministero della Salute ha adottato una serie di procedure finalizzate ad assicurare una corretta somministrazione dei vaccini. In base alla vigente normativa, la pratica vaccinale non rientra tra le competenze del farmacista. I vaccini infatti, così come medicinali in generale, possono essere somministrati solo da un medico o da un infermiere, sotto la supervisione di un medico. I medici non possono operare all’interno delle farmacie, se non per svolgere attività di informazione, nell’ambito della farmacia di servizi.
1. I farmacisti e la somministrazione di vaccini
La possibilità di somministrare vaccini in farmacia è argomento dibattuto già da anni, ed è tornato di grande attualità in questo periodo, contrassegnato dall’epidemia Covid-19. È quindi opportuno – anche alla luce della recentissima ordinanza della Regione Lazio, che ha consentito alle farmacie di somministrare il vaccino antinfluenzale – ricostruire il quadro dal punto di vista giuridico.
Come è noto, i vaccini sono medicinali biologici, che hanno lo scopo di prevenire una o più malattie infettive attraverso la stimolazione del sistema immunitario. Come per tutti i farmaci, i vaccini presentano benefici – che consistono appunto nella prevenzione di una malattia – e rischi di insorgenza di eventi avversi. Infatti, nessun vaccino, come nessun farmaco, è mai completamente sicuro; ogni vaccinazione presenta rischi che vanno dalla comparsa di modesti sintomi collaterali locali, fino ad eventi avversi rari e gravi.
Per questo motivo, il Ministero della Salute ha adottato negli anni una serie di procedure finalizzate ad assicurare una corretta somministrazione dei vaccini, sulla base delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le quali prevedono tra l’altro che:
- prima di effettuare la vaccinazione, il paziente deve essere informato dall’operatore sanitario (cioè principalmente da un medico) circa le caratteristiche del vaccino, i suoi benefici e i possibili rischi, e deve dare il proprio consenso (appunto, informato) al trattamento sanitario;
- è di fondamentale importanza l’anamnesi pre-vaccinale, che è affidata ad un medico; questi prima di somministrare una vaccinazione deve effettuare una valutazione preventiva del paziente, per individuare eventuali controindicazioni e precauzioni;
- la possibile insorgenza di una reazione avversa post-vaccinale richiede un’adeguata sorveglianza post-vaccinale, e che ogni servizio di vaccinazione disponga di attrezzature adeguate e di personale addestrato a fornire i primi soccorsi;
- ogni sede nella quale vengano somministrate le vaccinazioni deve rispondere ad una serie di requisiti, tra cui la dotazione di attrezzature atte a garantire il mantenimento della catena del freddo ed a rilevare una sua eventuale interruzione, la disponibilità di presidi medico-sanitari idonei ad effettuare le somministrazioni nelle migliori condizioni possibili e ad intervenire in caso di reazione grave, etc.
Da quanto sinteticamente ora riportato emerge che, in base alla vigente normativa, la pratica vaccinale, in quanto atto sanitario e di prevenzione, pur non potendo essere considerata come attività sanitaria esclusivamente medica – rientrando quindi anche nelle attribuzioni dell’infermiere – non rientra tra le competenze del farmacista. I vaccini, così come medicinali in generale, possono essere somministrati solo da un medico o da un infermiere, sotto la supervisione di un medico.
2. L’impossibilità per i medici di operare nelle farmacie
Essendo precluso al farmacista la somministrazione di vaccini, quest’ultima può essere effettuata da un medico in farmacia?
In proposito, a prescindere dai requisiti strutturali di cui una farmacia dovrebbe dotarsi per fungere da ambulatorio vaccinale – accennati sopra e sui quali non è possibile soffermarsi in questa sede – è pacifico che, in linea generale, i medici – con una rilevante eccezione, di cui diremo di seguito – non possono operare all’interno delle farmacie.
Infatti, ai sensi del combinato disposto dell’articolo. 102 del R.d. n. 1265 del 1934 e dell’art. 45 del R.d. n. 1706 del 1938, la professione farmaceutica non può essere cumulata con l’esercizio di altre professioni o arti sanitarie. Pertanto, è proibita la presenza di un medico in farmacia per esercitare la professione medica con finalità prescrittive.
L’incompatibilità tra le professioni sanitarie e l’attività di farmacista attiene ai profili deontologici delle relative attività, ed è diretta a evitare il rischio che, in casi di esercizio di entrambi i ruoli, si verifichino distorsioni nel rapporto con i pazienti, e in particolare possibili conflitti di interessi attinenti alle prescrizioni di medicinali.
3. La presenza dei medici nelle farmacie nell’ambito della farmacia dei servizi
Una parziale eccezione a questo principio generale è stata introdotta dall’art. 1, comma 2, lett. c), del D.lgs. n. 153/2009, che, in attuazione dell’art. 11 del D.lgs. n 69/2009 – istitutivo della c.d. “farmacia dei servizi” – ha consentito “la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano“.
Tale normativa ha autorizzato quindi le farmacie ad aderire a programmi di educazione sanitaria e a campagne di prevenzione organizzate a livello nazionale o regionale contro le principali patologie a forte impatto sociale, nell’ambito delle quali è possibile la presenza del medico in farmacia.
In proposito, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3357 del 7 luglio 2017, ha ritenuto che la farmacia che aderisce a tali campagne informative possa legittimamente ospitare nei propri locali un medico che fornisca ai cittadini informazioni e consigli per contrastare e prevenire la malattia oggetto della campagna educativa. Ovviamente il medico dovrà limitarsi all’attività di educazione alla prevenzione, e non potrà esercitare “attività clinica”, essendo ciò impedito dal menzionato divieto di commistione fra farmacia e studio medico.
Dunque, la presenza del medico in farmacia ai sensi della normativa in parola deve limitarsi all’attività di informazione al pubblico finalizzata alla prevenzione sanitaria e al contrasto di patologie a forte impatto sociale; attività nella quale non può ricomprendersi la somministrazione di vaccini.
Peraltro, come ribadito dallo stesso Consiglio di Stato, le visite mediche nell’ambito delle giornate di prevenzione devono essere realizzate conformemente alle previsioni della normativa in materia e quindi deve avere luogo in ambulatori con ingresso diverso da quello delle farmacie alle quali sono annessi, senza alcuna comunicazione interna con esse; non è quindi possibile effettuare all’interno della farmacia visite mediche.
4. È possibile per gli infermieri vaccinare in farmacia?
Come si è accennato in precedenza, la vaccinazione non è considerata attività sanitaria esclusivamente medica – ovvero effettuabile esclusivamente da un medico – ma rientra anche nelle attribuzioni dell’infermiere. Le norme istitutive del profilo professionale infermieristico – e in particolare gli artt. 1 e 4 della legge n° 251/2000 – e il relativo codice deontologico stabiliscono, nell’ambito dell’attività di prevenzione, la competenza degli infermieri e degli assistenti sanitari per la somministrazione dei vaccini.
Sorge quindi il seguente quesito – che in verità si pone già da diversi anni: è consentito agli infermieri di somministrare vaccini in farmacia autonomamente, cioè senza la contemporanea presenza e controllo di un medico?
A differenza di quanto accade come si è visto per i medici, è consentito agli infermieri essere presenti ed operare presso una farmacia, per svolgere attività rientranti nelle loro attribuzioni, non ricorrendo, in questo caso, la ratio del divieto di cumulo tra farmacista e professione sanitaria, finalizzato ad evitare conflitti di interesse nella prescrizione di farmaci.
Ciò nonostante, anche a tale quesito, deve fornirsi, in base alla normativa vigente, risposta negativa, per i seguenti motivi:
- come si è visto, la somministrazione di un vaccino deve essere preceduta dall’acquisizione del consenso informato da parte del paziente; l’acquisizione di tale consenso è un atto di specifica competenza del medico, non delegabile interamente ad un infermiere, anche se, in virtù della legge n. 219/2017, gli infermieri devono contribuire, collaborando con i medici, all’informazione del paziente e più in generale all’erogazione della prestazione sanitaria;
- come si è visto, prima di somministrare un’accurata anamnesi pre-vaccinale, allo scopo di controllare quali vaccini e quante dosi ha già ricevuto il soggetto ed evidenziare le precauzioni e le controindicazioni nei confronti di una specifica vaccinazione; tale anamnesi è anch’essa riservata ad un medico e non può essere effettuata da un infermiere;
- dopo la somministrazione del vaccino occorre effettuare un’attività di sorveglianza circa eventuali eventi avversi, ed occorre eventualmente prestare soccorso nel caso in cui insorgano problemi sanitari; anche tale attività è riservata ad un medico.
Pertanto, anche se la somministrazione materiale del vaccino può essere effettuata –eventualmente anche in farmacia, purché attrezzata – da un infermiere (come pure da un assistente sanitario), la vaccinazione non consiste nella semplice somministrazione di una iniezione, bensì costituisce attività medica che richiede specifiche competenze professionali, inerenti in particolare l’acquisizione del consenso informato, l’anamnesi pre-vaccinale, la sorveglianza post-vaccinale.
Ne consegue che la competenza in ordine alla vaccinazione appartiene al medico, che deve presiedere la seduta vaccinale ed assumersi la responsabilità generale in ordine alla gestione della stessa, assicurandone il regolare svolgimento. Ad un infermiere non è consentito di occuparsi della vaccinazione in completa autonomia, essendo necessaria la presenza e la supervisione di un medico. Ma tale presenza, come si è visto in precedenza, non è attualmente possibile in farmacia.
5. L’Ordinanza della Regione Lazio del 1° ottobre 2020
In questo scenario si inserisce la recente Ordinanza della Regione Lazio del 1° ottobre 2020, la quale – con una normativa che introduce una novità dirompente – ha autorizzato la somministrazione del vaccino antinfluenzale presso le farmacie.
L’ordinanza in parola si inquadra nel complesso delle recenti normative, nazionali e regionali, finalizzate alla prevenzione della diffusione dell’epidemia da Covid-19, puntualmente richiamate nella lunga premessa del documento. In particolare, l’ordinanza, richiamato il report dell’Istituto di Sanità del 22 settembre 2020 – nel quale si evidenzia l’aumento dei contagi verificatosi nelle ultime settimane al livello nazionale e regionale – e affermata l’opportunità di assicurare un’ampia copertura vaccinale antinfluenzale preservando le condizioni di sicurezza – in particolare la necessità di evitare assembramenti – dispone che i vaccini siano disponibili alle farmacie per “consentire loro, in presenza dei requisiti e secondo modalità definite dalla Direzione Salute, oltre che la vendita, anche l’organizzazione di un servizio di somministrazione/inoculazione del vaccino con conseguente assunzione di responsabilità”.
La Regione Lazio con l’ordinanza in commento introduce dunque una rilevante deroga ai principi generali previsti dalle normative sopra menzionate, consentendo alle farmacie di somministrare vaccini. Peraltro, l’ordinanza rimette ad un emanando provvedimento della Direzione Salute la determinazione dei requisiti e delle modalità con cui la somministrazione dei vaccini potrà avvenire. Occorrerà pertanto attendere tale determina per verificare quale soluzione verrà scelta per la somministrazione vaccinale, e conseguentemente per valutarne le ricadute anche in termini giuridici.
Una valutazione circa la legittimità di tale provvedimento – nei confronti del quale sono state peraltro già preannunciate impugnative giurisdizionali – esula dai limiti del presente scritto; a prescindere da considerazioni di opportunità – legate anche al fatto che tale soluzione è stata già adottata da anni da molti paesi, anche europei – la valutazione circa legittimità della norma regionale ruota essenzialmente intorno all’eccezionalità della situazione di emergenza epidemica, ed alla conseguente possibilità per la normativa regionale di derogare a normative generali di tipo nazionale.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato specializzato in diritto farmaceutico
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